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Giornata Mondiale dell’Ambiente 2017: l’impatto dell’alimentazione umana

Proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite 45 anni fa (nel 1972), il 5 giugno di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale dell’Ambiente, dedicata nel 2017 alla connessione tra la natura e l’uomo.

In base ai dati dell’indagine Waste Watchers presentati da Last Minute Market, oltre l’80% degli italiani si dichiara ambasciatore della cultura green (ovvero disposto a farsi carico del cambiamento necessario) e acerrimo nemico dello spreco alimentare: il 91% degli intervistati la considera cosa grave o gravissima e ben il 96% dichiara di insegnare ai figli a non sprecare.

Quel che manca pare essere la consapevolezza riguardo alla situazione attuale: 3 intervistati su 4 incolpano la filiera di produzione/distribuzione e gli esercizi di ristorazione di produrre enormi sprechi quando, stando alla realtà dei fatti, il 60/70% dello spreco alimentare avviene nelle case ed è pari a circa 16 miliardi annui (1% del pil).

Per quanto riguarda gli sprechi alla fonte (produzione, distribuzione e ristorazione), è stata approvata pochi mesi fa dal parlamento italiano la Legge Antisprechi, un sistema premiante per chi dona l’eccedenza alimentare, di farmaci e vestiario, basato su incentivi (riduzione dell’importo della tessa sui rifiuti) e semplificazioni burocratiche.

Sembra evidente, oggi più che mai, che la volontà di fare la cosa giusta rischia di rimanere solo una dichiarazione d’intenti, sostenuta dalla mala informazione che spinge le persone ad incolpare qualcun altro di un torto del quale esse stesse sono inconsapevolmente colpevoli. Facile puntare il dito. Facile essere ambasciatori green se il nostro compito è spingere altri a cambiare. Difficile è cambiare noi stessi e le nostre abitudini.

Lo spreco alimentare casalingo è, come noto, solo una delle cause che rendono l’alimentazione umana non più sostenibile per il pianeta, altra problematica che necessita di maggiore attenzione è quella del consumo di carne ed, in particolare, della presenza di allevamenti intensivi di animali.

allevamento suini

“Quella di oggi è la prima generazione ad avere piena consapevolezza che ogni scelta comporta delle conseguenze. E’ tempo di decidere tra la vita e la morte e scegliere di seguire la corrente significa scegliere la morte.”

Frances Moore Lappé, attivista e scrittrice statunitense

Il dato sconvolgente del quale la maggior parte delle persone paiono tutt’ora essere all’oscuro – nonostante sia presente addirittura nella popolarissima Wikipedia – è che per produrre un chilo di carne da immettere sul mercato sono necessari tra i 14 e i 20 chili di cereali e leguminose.

allevamento mucche

“Gli allevamenti sono fabbriche di proteine alla rovescia”.

Frances Moore Lappé, attivista e scrittrice statunitense

Agli allevamenti intensivi e al loro legame con il collasso ambientale si sono interessati recentemente diversi studiosi e scrittori; ogni anno vengono pubblicati libri, realizzate nuove ricerche ed emergono evidenze a sostegno dell’adozione di una dieta vegetariana o vegana che consenta al pianeta di continuare a vivere. Tra i parametri considerati più importanti: il consumo di acqua e le emissioni di CO2.

allevamento polli

Ad esempio, la ricerca italiana del 2006 “Valutazione dell’impatto ambientale di diverse tipologie di alimentazione” ha determinato che una dieta vegetariana ha un impatto ambientale di 1,8 volte superiore rispetto ad una dieta vegana mentre un alimentazione onnivora che rispetti parametri dietetici consigliati arriverebbe quasi a triplicare l’impatto di una dieta che rifiuti carne e derivati. Lo studio puntualizza che, nel 2006, la dieta scorretta adottata mediamente dagli italiani risultava avere un impatto di 6,7 volte superiore rispetto a quella di un vegano.

macello

 “Pensare di avere più diritto a mangiare un animale di quanto ne abbia l’animale a vivere senza soffrire è una depravazione. Non sono ragionamenti astratti. È questa la realtà in cui viviamo. Guarda che cosa sono gli allevamenti intensivi. Guarda che cos’ha fatto la nostra società agli animali non appena ne ha avuto il potere tecnologico. Guarda che cosa facciamo effettivamente in nome del «benessere degli animali» e del «trattamento umano», e poi decidi se sei ancora disposto a mangiare carne.. E allora quanta sofferenza è accettabile? È questa la base di tutto, ed è questo che ognuno di noi deve chiedersi. Quanta sofferenza sei disposto a tollerare per il tuo cibo?”

Jonathan Safran Foer, scrittore e saggista statunitense

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Strategie di comunicazione: la scelta vegan e il caso Motta

Per elaborare una strategia di comunicazione efficace sono molti i fattori dei quali tener conto, in primis il rispetto per il consumatore. Sarà che l’agenzia che cura la comunicazione della Motta (e che ha elaborato il famigerato spot del panettone..) non ha considerato offensive le parole utilizzate per promuovere il dolce natalizio, sarà che l’intenzione era quella di strappare una risata a chi i vegani li prende in giro tutto l’anno, sarà che pensavano addirittura di estorcere un sorriso anche agli erbivori più convinti, fatto sta che la pubblicità in questione ha creato più problemi che consensi.

Fino a qualche anno fa era in voga in ambiente pubblicitario il detto “che se ne parli bene, che se parli male, purché se ne parli”. Oggi non è più così, il rispetto per il consumatore è diventato il cardine di ogni strategia di comunicazione ben pensata. E se è vero che si deve mirare a convincere soprattutto il proprio target di riferimento (e sicuramente nessun vegano avrebbe comunque acquistato il panettone tradizionale, Motta o non Motta) è bene ricordarsi che viviamo nella civiltà dell’empatia, che spesso offendere il mio vicino equivale ad un’offesa nei miei confronti, che molti di coloro che non condividono una scelta ritengono comunque fondamentale che essa venga rispettata.

“La coscienza empatica si fonda sulla consapevolezza che gli altri, come noi, sono esseri unici e mortali. Se empatizziamo con un altro è perché riconosciamo la sua natura fragile e finita, la sua vulnerabilità e la sua sola e unica vita; proviamo la sua solitudine esistenziale, la sua sofferenza personale e la sua lotta per esistere e svilupparsi come se fossero le nostre. Il nostro abbraccio empatico è il nostro modo di solidarizzare con l'altro e celebrare la sua vita” La civiltà dell’empatia – Jeremy Rifkin
“La coscienza empatica si fonda sulla consapevolezza che gli altri, come noi, sono esseri unici e mortali. Se empatizziamo con un altro è perché riconosciamo la sua natura fragile e finita, la sua vulnerabilità e la sua sola e unica vita; proviamo la sua solitudine esistenziale, la sua sofferenza personale e la sua lotta per esistere e svilupparsi come se fossero le nostre. Il nostro abbraccio empatico è il nostro modo di solidarizzare con l’altro e celebrare la sua vita”
La civiltà dell’empatia – Jeremy Rifkin

Chi invece ci ha pensato bene a come fare una campagna di comunicazione che arrivasse a tutti (perché, in questo caso, il target è veramente molto ampio) è l’organizzazione no-profit Veganuary che ha invaso la metropolitana londinese con manifesti Try Vegan this January – Prova ad essere vegan questo gennaio”. La comunicazione è focalizzata su quanto ci sia di positivo nella scelta cruelty free, utilizza colori vivaci e immagini molto dolci (immaginate la rivolta delle madri se si fossero trovate immagini di un mattatoio in metropolitana andando a prendere i figli a scuola?!). Eccone alcuni esempi:

Chiudo la riflessione con un’altra citazione de “La civiltà dell’empatia” di Jeremy Rifkin (meditate gente, meditate):

La civiltà dell’empatia è alle porte. Stiamo rapidamente estendendo il nostro abbraccio empatico all’intera umanità e a tutte le forme di vita che abitano il pianeta. Ma la nostra corsa verso una connessione empatica universale è anche una corsa contro un rullo compressore entropico in progressiva accelerazione, sotto forma di cambiamento climatico e proliferazione delle armi di distruzione di massa. Riusciremo ad acquisire una coscienza biosferica e un’empatia globale in tempo utile per evitare il collasso planetario?

“Vegano” tra le parole più cercate nel 2016 su Google

Vegano? Vegetariano? Pescetariano? O fruttariano? Gli stili di vita che legano etica ed alimentazione sono tantissimi ma quello che più incuriosisce è il veganismo. Vegan Society ne da una definizione molto chiara: “La parola veganismo descrive una filosofia di vita che esclude – per quanto possibile – ogni forma di sfruttamento e crudeltà contro gli animali per alimentarsi, vestirsi o per qualsiasi altro scopo”.

Il vegano non mangia nessun animale ne si alimenta dei derivati animali. Per derivati si intendono quei prodotti che causano (o possono causare) sofferenza e sfruttamento degli animali.

Il vegano non mangia:

carne: bianca, rossa, cruda, cotta, di pesce, di insetto, di umano e di qualsiasi altro tipo.

pesce: so di averlo già scritto ma in troppi differenziano tra carne di pesce e carne di tutti gli altri animali, quindi meglio specificare.

uova: la “produzione” di uova sottopone le galline (e i pulcini maschi) a sevizie e morte precoce, di conseguenza il vegano non ne consuma.

latte e latticini: oltre al fatto che un mammifero non dovrebbe cibarsi di latte dopo lo svezzamento (soprattutto se proveniente da una mamma di un’altra specie animale), questi prodotti causano sofferenze ai cuccioli (che rimangono senza cibo e devono anticipare lo svezzamento) e alle mamme (che vengono ingravidate continuamente per poter dare latte oltre i limiti naturali).

Miele: i vegani ritengono che la produzione di miele implichi lo sfruttamento e la sottrazione di cibo alle api.

Il vegano mangia: la lista è troppo lunga, ma per rassicurare i curiosi del fatto che i vegani non si cibano solo di verdure vi fornirò qualche esempio.

verdure: tutte.

frutta: tutta.

legumi: tutti.

cereali: tutti.

grassi: tutti i tipi di olio, margarina e i grassi della frutta (ad esempio avocado e datteri)

quelle cose strane mai sentite nominare (ma che trovi sullo scaffale del supermercato sotto casa): tofu, seitan, tempeh, miglio, alghe, soia (latte, yogurt, formaggi e tanto altro), germogli di ogni genere, miso, lievito in scaglie, semi di canapa etc. etc..

veg

Pensate alla cucina tradizionale italiana (la migliore del mondo), molti dei piatti che propone sono vegetariani ed alcuni sono del tutto vegan. Qualche esempio: pesto genovese, ribollita toscana, carciofi alla romana, pasta e fagioli, orecchiette e cime di rapa pugliesi, caponata siciliana, polenta e funghi lombarda, pasta aglio, olio e peperoncino.

 

I Supercibi che non ti aspetti: proteine e grassi vegetali

Quanti di noi, tra vegetariani e vegani, si son sentiti dire “ma le proteine dove le prendi?!”? Tutti. E tutti conosciamo la risposta?

Negli ultimi anni si è imposto il concetto di supercibo ovvero quell’alimento che, da solo, contiene diversi nutrienti molto utili per l’organismo. La maggior parte di questi supercibi sono di origine vegetale e facilmente reperibili nella grande distribuzione o nei negozietti bio che si trovano ormai ovunque.

1 – LE MANDORLE: partiamo dalle cose semplici, le mandorle, come tutta la frutta secca, sono caratterizzate da un alto contenuto proteico (22g per 100g ovvero quasi quante ne ha il petto di pollo). Le mandorle sono ricche di omega 3, manganese, vitamina E, magnesio e triptofano, il che le rende ottime alleate contro il colesterolo.

2- L’ALGA SPIRULINA: chi avrebbe mai potuto sospettare che una delle fonti più concentrate di proteine potesse essere un alga? Con il suo contenuto proteico tra i 55 e i 70gr per 100gr, la spirulina regala oltre il doppio di proteine della tanto osannata  – giusto per citarne una – carne di cavallo (circa 28gr).  Quest’alga è anche ricca di amminoacidi facilmente assimilabili, di omega 3 e 6 che aiutano a proteggere il sistema immunitario e combattono i radicali liberi, di vitamine e calcio (contiene circa 25 volte la quantità di calcio che troviamo nel latte).

3 – I SEMI DI CANAPA: grazie al loro straordinario contenuto di amminoacidi essenziali (leucina, isoleucina, fenilalanina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina) questi semi sono considerati un alimento completo dal punto di vista proteico. Contengono 20 gr di proteine per 100gr oltre ad acidi grassi polinsaturi e omega 3 utili contro colesterolo e trigliceridi alti.

4 – L’AVOCADO: questo frutto è costituito per l’80% da grassi salubri e per il 15% da proteine. Contiene tutti e 18 gli amminoacidi essenziali e generose dosi di acidi monoinsaturi salutari ed acidi grassi essenziali. Anche in questo caso si ha un’azione anticolesterolo molto marcata e, in aggiunta, l’avocado si rivela essere molto utile per il controllo degli zuccheri nel sangue e quindi un supercibo per diabetici e non.

5 – L’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA: chiudiamo in semplicità parlando di un alimento che in Italia non manca sulla tavola di nessuno. L’olio EVO è ricco di fenoli, sostanze antiossidanti ed antinfiammatorie, e di acidi grassi monoinsaturi anticolesterolo (73gr per 100gr di olio). Per preservarne le proprietà, è consigliato consumare l’olio extravergine di oliva a crudo.

Cucina crudista: gusto e salute

Declinazione del veganesimo, la scelta crudista può essere considerata  sotto diversi aspetti, in questo breve articolo vorrei concentrarmi sulla cucina raw vegan e le sue meraviglie. Coloratissimo, semplice, nutriente e disintossicante, il crudismo mi è stato presentato da Marzia Riva, docente di cucina vegana.

Come si può facilmente intuire dal nome, la cucina crudista non prevede la cottura degli alimenti (solo in alcuni casi e mai oltre i 40°) ma li tratta con maggiore rispetto e mantenendo inalterate le proprietà nutritive, gli enzimi, le vitamine e i sali minerali. In alternativa alla cottura i cibi vengono trasformati con diverse tecniche: germogliazione, fermentazione, marinatura, disidratazione. Gli alimenti che compongono la dieta crudista sono per lo più frutta, verdura (in particolare a foglia verde), semi oleosi, germogli, frutta secca e condimenti (ovviamente in primo piano l’olio d’oliva pressato a freddo).

Burger di funghi portobello e verdure fermentate
Burger di funghi portobello e verdure fermentate

 

Come per ogni cambiamento che affrontiamo, è consigliabile procedere per gradi,un organismo abituato a mangiare cibi trattati potrebbe reagire duramente a una conversione repentina all’alimentazione crudista, regina della disintossicazione. Ma proprio il potere detossinante del raw food è uno dei caratteri che rende questo stile di cucina così interessante: rincorriamo la bellezza e la salute spendendo soldi in macchinari (in questo momento potrei citare la moda degli estrattori) e poi consumiamo zucchero, coloranti, additivi come se non ci fosse un domani. Il consiglio che mi è stato dato è di introdurre un pasto crudista ogni giorno e, cito testualmente, “Non fare la talebana” (tradotto: niente estremismi).

Piramide crudista

La cucina crudista ha una sua piramide alimentare, di fondamentale importanza sono gli ingredienti basic e nutrienti che ritroviamo in diverse ricette: avocado, anacardi e datteri. Meno utilizzati sulle nostre tavole, altri degli alimenti principe del crudismo sono le alghe e i germogli, supercibi ricchissimi di vitamine e Sali minerali. Mi hanno molto colpito i germogli, indicati per gli sportivi e per chiunque necessiti di molta energia, hanno contenuti vitaminici strabilianti (fino a tre volte in più di quelli presenti nella pianta adulta) e proprietà anticancerogene.

Durante il corso tenuto da Marzia Riva abbiamo preparato diversi piatti, ho così scoperto che il raw food è anche incredibilmente semplice da preparare e gustoso da mangiare! I dolci in particolare mi hanno stupita e conquistata (così come sono stati molto apprezzati dagli amici e parenti – onnivori – che ho usato come cavie in alcune cene dopo il corso). Uno su tutti, il mio dolce preferito, i tartufi crudisti: deliziose palline di frutta secca, cacao crudo, cannella e datteri.

Pomodorini ripieni, barchette di belga, cous cous di mare, torta di frutta e tartufi crudisti
Pomodorini ripieni, barchette di belga, cous cous di mare, torta di frutta e tartufi crudisti

 

Vorrei ringraziare Marzia Riva, che potete conoscere meglio visitando il suo portale di cucina La Taverna degli Arna  e Yael Reuveni dello Spazio culturale  MY G che ha ospitato il corso.