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Notre Dame brucia: il simbolo di una generazione

Notre Dame brucia. Il simbolo di una generazione illusa, disillusa, delusa, maltrattata è crollato. Spento l’incendio,  si sono accese le polemiche.

La Cattedrale parigina versava da anni in condizioni preoccupanti, proprio dalle impalcature posizionate per un’operazione di restauro dell’edificio pare abbia avuto origine l’incendio che il 15 aprile 2019 ha trafitto non solo il cuore di Parigi ma il cuore di una generazione che ha assistito impotente al crollo della guglia centrale e parte del tetto di Notre Dame.

I maggiori media mondiali hanno informato, discusso e alimentato le polemiche scaturite dall’incendio (dalla mala gestione statale del monumento negli anni alla velocità con cui potenti e industriali si sono proposti quali finanziatori del nuovo, e quanto mai ingente, restauro che riporterà Notre Dame al suo antico splendore) ma nessuno di loro si è concentrato sulla valenza simbolica che Notre Dame ha assunto per un’intera generazione.

Generazione caratterizzata oggi dalla deriva sociale e ideologica, la truppa illusa, disillusa, delusa, maltrattata dei cosiddetti Millenials (i nati tra gli anni ’80 e ‘90 nei Paesi occidentali) ha scoperto Parigi grazie al romantico film d’animazione prodotto dalla Disney (Capolista nella top 10 stilata nel 2017 da Reputation Institute Italia delle aziende più amate dagli italiani, la Disney perde il primato in favore di Amazon nella classifica dei Millenials che preferiscono, oggi, la realtà ai sogni – ne parlo qui) nel 1996: “Il gobbo di Notre Dame”.

Personaggio positivo, il gobbo Quasimodo (ideato da Victor Hugo per il suo “Notre-Dame de Paris” del 1831) è cresciuto isolato da una società che non può accettarlo, interagendo unicamente con un tutore il cui unico scopo è denigrarlo e con la cattedrale di Notre Dame, sua unica e migliore amica rappresentata dai tre gargoyles di pietra animati e ciarlieri. Ed è stato proprio allora che ci siamo innamorati di lei, che abbiamo iniziato ad ammirare con affetto quelle fredde pietre che portavano in dote nove secoli di storia d’Europa. Nel momento esatto in cui abbiamo iniziato ad amarla, nell’attimo in cui la monumentale cattedrale divenne nel nostro immaginario l’allegro ciarlare di Quasimodo con i suoi amici (la sua amica) Notre Dame è diventata uno dei simboli della nostra generazione.

Vignetta "Quasimodo abbraccia Notre Dame" disegnata dall’artista Cristina Correa Freile
Vignetta “Quasimodo abbraccia Notre Dame” disegnata dall’artista Cristina Correa Freile

I Millenials, come non accadeva dall’epoca dei baby boomer (i nati tra gli anni ’50 e ’60, cresciuti tra le amorevoli braccia del boom economico che videro moltiplicarsi le opportunità che avevano caratterizzato la condizione dei propri padri) hanno sperimentato un repentino shock tra le prospettive socio economiche preventivate ed esposte candidamente loro dalle generazioni che li precedevano e la realtà. Per la prima volta da decenni, l’avanzamento è quasi precluso, molto più probabile invece che si verifichi una condizione di arretramento socio economico rispetto alla condizione dei proprio padri o, peggio, si rimanga incastrati, galleggianti nullafacenti, aspiranti al nuovo e scintillante reddito di cittadinanza, ombre NEET (neither in employment nor in education and training – Non impegnati nello studio, nella propria formazione, in un lavoro o nella ricerca di esso).

E così ci siamo illusi, siamo stati cullati dalle fiabe, poi ci siamo impegnati, siamo diventati sicuri e arroganti e, prima che succedesse a Notre Dame, le nostre velleità sono crollate in un cumulo di polvere, sepolte da quei muri in fiamme che non abbiamo potuto varcare. Notre Dame brucia. Notre Dame sarà ricostruita dai soldi dei potenti. E la nostra polvere sarà spazzata via.

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Meno sogni, più realtà: i Millennials alla ricerca del futuro

Il Reputation Institute Italia ha presentato il 6 aprile a Milano la classifica stilata in base alla reputazione di cui le aziende godono nel nostro Paese. Oltre a risultare da subito esterofila, la top 10 italiana (che di nostrani conta solo 4 nomi) è caratterizzata da una valutazione positiva dei brand più legati all’infanzia (Disney e LEGO), ai peccati di gola (Ferrero), ai sogni (chi non vorrebbe una Ferrari testa rossa in garage?!):

  1. The Walt Disney Company (85,4)
  2. Ferrero (84,7)
  3. Ferrari (84,2)
  4. LEGO Group (83,7)
  5. Amazon (82,1)

Gli italiani ne escono come un popolo di sognatori, che valuta meglio il bello, ciò che regala gioia, che riporta all’infanzia.

E poi ci sono i Millennials. Noi nati tra il 1980 e il 2000, che secondo diverse ricerche diventeremo a breve il gruppo di consumatori più consistente (attualmente il primato rimane ai baby boomer), abbiamo, però, scelto un’azienda di tutt’altro tipo, una compagnia che non regala sogni ma fornisce realtà, rende qualsiasi prodotto alla nostra portata e disponibile in tempi brevissimi. Vincitrice del premio “Best for Millennials”, novità introdotta quest’anno da Reputation Institute per premiare quelle aziende che godono della miglior reputazione tra gli italiani di 18-34 anni, è Amazon.

Da questo percorso di allontanamento dei millennials dall’opinione comune si può partire per fare alcune riflessioni sulla forma mentis di questa generazione, su cosa ci sia successo, su cosa ci stia ancora succedendo, su come potranno andare le cose in futuro.

Cosa ci è successo – Mi è stato detto che potevo diventare chiunque io volessi, mi è stato insegnato che sei tu a scegliere la tua strada, che qualsiasi strada è percorribile e che i risultati sarebbero dipesi unicamente da quanto ti saresti impegnato. Sono cresciuta imparando il concetto chiave della generazione dei baby boomer (i nati tra il 1945 e il 1965): più grande sarà il tuo impegno e maggiore sarà il tuo successo.

Cosa ci sta succedendo – Questa prospettiva si è presto scontrata con la realtà attuale nella quale la preparazione e l’impegno non bastano. La chiave per il successo è decisamente cambiata e, purtroppo, non è ancora nota. Pur non mancando brillanti e/o fortunate eccezioni, il 62% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori (siamo mammoni sì, ma abbiamo anche uno stipendio medio di molto inferiore a quello delle generazioni precedenti) e il tasso di occupazione di un laureato di 30-34 anni è passato dal 79,5% del 2005 al 73,7% del 2016.

Il futuro – Crediamo nel futuro. Ma soprattutto crediamo nello spirito di adattamento. La generazione dei Millennials è quella del cambiamento, della capacità di cavarsela in ogni situazione, di non pensare al lavoro fisso, alla casa, alla famiglia ma a stare bene ed essere felici di quello che si riesce ad ottenere con le proprie forze.

Se è vero che il processo di adattamento alla situazione attuale (ad un ambiente ostile?!) della categoria dei Millennials è ancora in atto, è anche certo che, una volta portato a termine, questo cambiamento darà modo alle generazioni future di vivere con una maggiore consapevolezza, di non dare nulla per scontato, di conoscere la grande arte della resilienza, di vivere secondo dei valori dimenticando il concetto di identità collettiva e omologazione tipico dei periodi di boom economico.

Food: il futuro del consumo dettato dai millennials

Il mondo del food sta subendo un profondo cambiamento, i nuovi consumatori – i millennials, ovvero la generazione di nati tra la metà degli anni 80 e i primi anni 2000 – riservano molta attenzione a provenienza, produzione e impatto su ambiente e salute degli alimenti. I prodotti vegetali e biologici sono in costante crescita e si moltiplicano startup ed iniziative che voglio migliorare la filiera di produzione del cibo (accorciandola), la sua qualità (cresce il biologico e si affaccia sul mercato la nutraceutica) e incentivare la consapevolezza nei consumi e la lotta allo spreco.

Le nuove startup del food hanno qualcosa in comune: guardano al futuro. Digital Magics, incubatore di startup, ha presentato ieri i vincitori della call for innovationFuture Food”  dedicata al comparto: le nuove aziende guardano in particolare alle tecnologie per l’agricoltura e alla salute.

Molto interessanti alcuni esempi di startup concentrate sull’innovazione tecnologica in campo agricolo Agricolus, making precision timing easier è un sistema di agricoltura di precisione che, analizzando i dati derivati da satelliti, droni, sensori, GPS, indica i diversi metodi di intervento nei singoli campi, ottimizzando così la coltivazione. MyAgry è l’e-commerce per creare il proprio orto, uliveto, frutteto, scegliendo dimensioni, colture e modalità di conduzione. Delle persone altamente qualificate areranno, prepareranno i terreni, semineranno, cureranno le piante e alla fine raccoglieranno i prodotti trasformati per portarli sulla tavola dell’utente. RobotFarm® è una serra idroponica completamente automatica, delle dimensioni di un elettrodomestico standard, in grado di coltivare verdure senza pesticidi e fitofarmaci per tutto l’anno, con risparmio idrico ed energetico, senza necessità di pollice verde o competenze agronomiche.

Ci sono poi alcune giovani realtà che puntano tutto sul trend del momento: la salute. Con l’obiettivo di colpire la generazione millennials, molto concentrata su benessere, salutismo  e sensibile all’innovazione digitale, è stata sviluppata Edo, un’app mobile che consente di capire quanto siano salutari i prodotti che le persone comprano ogni giorno. Analizzando il codice a barre fornisce una valutazione da 0 a 10 basata sugli utenti. Di questo filone anche My Eatness che si concentra sulla produzione di cibi nutraceutici (con un alto contenuto di principi nutritivi), grazie a un processo innovativo di trasformazione per conservare le proprietà benefiche naturalmente contenute nei frutti della terra.

Dei nuovi trend di consumo dettati dai millennials si parlerà alla fiera TuttoFood 2017 ( 8 – 11 maggio, FieraMilano) che spiega come nel 2030 (ricerca Daymon) i millennials supereranno come numero i baby boomers (i nati nei primi vent’anni del dopoguerra) imponendosi come generazione più numerosa e dunque come consumatore tipo.

Oltre alla maggiore attenzione al benessere e all’incidenza di condizioni economiche meno sicure, sempre più significativa è la componente legata alla salute, motivazione che ha concorso all’affermazione dell’OMS – Organizzazione mondiale della sanità – che ritiene che, entro il 2050, metà della popolazione mondiale si alimenterà con una dieta vegetariana.  Infatti, uno dei comparti più in crescita dell’agroalimentare è l’ortofrutta (secondo dati di Coldiretti, almeno +3 kg procapite l’anno nel 2016), fanno da traino proprio i millennials che spendono il 37% più della media per gli acquisti di ortofrutta. Impossibile poi non segnalare il balzo in avanti fatto dal biologico con un +21,5% di vendite nel 2016.

L’attenzione alla salute e all’impatto socio-ambientale si collega anche con la nascita di diversi progetti di lotta agli sprechi: alla ormai tradizionale “Colletta” del Banco alimentare – l’iniziativa di solidarietà più partecipata in Italia e che torna il 26 novembre 2016 – si aggiungono l’iniziativa, nata dal basso, Recup che mira a ridare valore sociale al cibo che ha perso valore economico e la nuova campagna finanziata da fondi europei “Life-Food. Waste. StandUp.”