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Come essere felici: 3 fattori chiave

Negli ultimi anni molti ricercatori si sono dati da fare per trovare la chiave della felicità, il Santo Graal della nostra epoca. Pare però che questa magica soluzione ad ogni problema non sia univoca ma composta da più fattori. Emerge quindi la necessità, per gli individui che desiderano essere felici, di creare un equilibrio tra relazioni, emozioni, tempo e attività.

Nel World Happiness Report 2019 – che considera fattori chiave per la felicità di un popolo il pil pro capite, la speranza di vita e di salute, il supporto sociale e della famiglia, la generosità, la libertà di scelta e la fiducia nell’economia e nel governo – si è registrato un ulteriore calo della felicità mondiale, tendenza negativa costante iniziata con la crisi economica. In questo report, che vede l’Italia scalare una decina di posizioni rispetto ai due anni precedenti (ne ho parlato qui), a farla da padroni sono i paesi del Nord Europa: Finlandia, Danimarca e Norvegia conquistano il podio della felicità. L’Italia conquista il 36esimo posto della classifica grazie alla speranza di vita e salute, che ci vede settimi al mondo, e al supporto sociale e familiare (23esima posizione) ma arranca in quanto a positività. Sono infatti molto diffusi sentimenti di rabbia e preoccupazione, calo della fiducia nelle istituzioni e percezioni di mancanza di libertà decisionale e di prospettive per i giovani.

Altre ricerche però indicano come fattori chiave per una vita felice indicatori che il World Happiness Report non tiene in considerazione, scopriamo quali:

Il tempo per essere felici

Il Museo Novecento di Firenze, in occasione del Capodanno 2020, ha chiesto a 1000 persone di scegliere come essere felici votando una coppia di desideri e “più tempo, più passioni” ha vinto con il 14% dei voti. Tenendo conto della rilevanza intrinseca di tutte le coppie di desideri (solo per citarne alcune: più cura, più rispetto; meno violenza, più fiducia; più lavoro, più serenità) si tratta di un risultato che fa riflettere. Secondo uno studio recente (pubblicato nel febbraio 2019 dalla rivista Harvard Business Review), condotto dalla ricercatrice Ashley Whillans, su 100.000 lavoratori di tutto il mondo, coloro che sono disposti a rinunciare ad un guadagno maggiore per ottenere più tempo libero hanno “relazioni sociali più soddisfacenti, carriere più soddisfacenti e più gioia e, complessivamente, vite più felici” (Fonte: Forbes.it)

Consigli per guadagnare tempo:

  • Munitevi di un’agenda: programmare i vostri impegni è il modo migliore per guadagnare tempo!
  • Fatevi aiutare nelle faccende di casa: dal vostro compagno/a, dalla vicina alla quale ricambierete il favore, da un professionista del pulito o da un’agenzia specializzata.
  • Liberatevi del Complesso di Atlante: se avete un lavoro a tempo pieno, non pretendete di partecipare a tutte le attività scolastiche e sportive dei vostri figli; se avete bisogno di fare un bagno rilassante, la vostra amica in crisi può aspettare un paio d’ore prima di essere chiamata; se non avete tutta questa voglia di andare ad un aperitivo di team building con i colleghi declinate, sarà per la prossima volta.

Come essere felici grazie alla Natura

Un altro fattore chiave per essere felici, probabilmente meno ovvio del primo, è quello protagonista del libro “The nature fix: why nature make us happier, healtier and more creative” (prima edizione 2017) della giornalista Florence Williams. L’autrice, in un’intervista al National Geographic, ha spiegato come un gruppo di neuroscienziati abbia monitorato l’attività celebrale di alcuni individui e registrato i cambiamenti che avvenivano in base ai diversi luoghi in cui il soggetto si trovava. Ne è emerso che “Le onde alfa, tipiche di un individuo sveglio ma del tutto rilassato, si registrano più forti quando questi si trova nella natura”. A supportare questa tesi la nuova ricerca dell’European Centre for Environment and Human Health dell’Università di Exeter che, sulle pagine della rivista Scientific Reports, sostiene che bastino 2 ore a settimana immersi nella natura a migliorare il nostro umore ed il benessere psico-fisico. Sempre secondo questa ricerca, non è necessario passare questo tempo facendo sport o camminate (che comunque sono auspicabili, essendo anche l’attività fisica un fattore importante per la nostra felicità) ma basterebbe sedersi su una panchina immersa nel verde o rilassarsi appoggiati ad un albero contemplando i paesaggi naturali circostanti.

Cascate del Serio

Consigli per dedicare due ore alla natura:

  • Andate al mare! È inverno? Abitate in una delle cinque regioni in Italia senza sbocco sul mare? Ci sono i laghi: Lago di Garda, Lago d’Iseo, Lago di Como, Lago Maggiore, Lago d’Orta, Lago Trasimeno e così via…
  • Partecipate ad una gita in montagna: l’Italia vanta migliaia di chilometri di sentieri, non sempre è necessario essere grandi alpinisti, per molti di questi bastano delle scarpe adatte e i compagni di camminata adatti. Personalmente consiglio la mulattiera che da Valbondione (BG) porta all’Osservatorio dove ammirare una delle speciali aperture delle cascate del Serio (trovate il calendario qui).
  • Scegliete un parco nella vostra città (ogni città ne ha almeno uno!) e rilassatevi…

L’arte di essere felici

Ma la vera novità è lo studio inglese che sostiene che dedicarsi all’arte non solo ci rende felici ma anche più longevi. Pubblicato sul British Medical Journal nel dicembre 2019, lo studio dell’Universal College London indica non solo che visitare musei e mostre ed andare a teatro renda più felici ma addirittura che allunghi la vita. Emerge così che il rischio di morte precoce si riduce del 31% per chi partecipa ad attività culturali almeno una volta al mese. Le attività culturali sono da anni associate ad un miglioramento dell’umore, come ad esempio ha dimostrato un’indagine del Prof. Enzo Grossi dell’Università di Bologna. Monitorando i cambiamenti del livello di cortisolo (l’ormone dello stress) di 99 persone durante una visita alla cupola ellittica settecentesca del Santuario di Vicoforte è emerso che questo è sceso del 60% durante l’attività culturale ed, inoltre, il 90% dei partecipanti ha dimostrato di essere più felice.

Untitled design
  • Visitate un museo, ce ne sono di tutti i tipi, ci sarà pure qualcosa di vostro gusto! Tra l’altro i musei civici sono gratis la prima domenica del mese ed in alcuni giorni particolari (calendario qui). Tra i miei musei preferiti: Pinacoteca di Brera (Milano), Galleria degli Uffizi (Firenze), Collezione Peggy Guggenheim (Venezia) e i celebri Musei Vaticani.
  • Visitate una chiesa, un’abbazia, una certosa, un palazzo storico, un monumento, un teatro, un castello, una piazza, un sito archeologico; l’arte è ovunque…
  • Ammirate una mostra (solitamente richiede meno tempo della visita ad un museo ed è più coinvolgente perché organizzata intorno ad un artista o ad una corrente specifica); il 2020 sarà l’anno di Raffaello quindi preparatevi a riscoprire questo grande genio del Rinascimento. Per chi invece, come me, ama l’arte moderna e contemporanea consiglio di visitare “Van Gogh, Monet e Degas” a Padova, “Joan Mirò. Il linguaggio dei segni” a Napoli, “Il tempo di Giacometti. Da Chagall a Kandinsky” a Verona.

E dunque, come essere felici? Fate in modo di avere più tempo per voi stessi, per coltivare relazioni sociali più soddisfacenti, per fare qualche passeggiata nella natura o contemplare un paesaggio, per andare a teatro o visitare una mostra.

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Milano: arte, storia, cultura e curiosità

Milano, conosciuta come capitale della moda e città d’affari per eccellenza, popolata di manager e trendsetter, fredda e nebbiosa, è in realtà uno scrigno di tesori d’arte, storia e cultura. Dal Duomo, la chiesa gotica più grande del mondo, a San Maurizio al Monastero Maggiore, decorata da cinquemila metri quadri di affreschi, dal Cenacolo, capolavoro di Leonardo da Vinci, alla Pietà Rondanini, ultima opera di Michelangelo, passando per i celebri Navigli, le leggiadre ville Liberty e le straordinarie collezioni dei musei fino ad arrivare al Castello Sforzesco, Milano offre infinite possibilità agli amanti del turismo culturale.

Duomo di Milano
Duomo di Milano

Milano è conosciuta in tutto il mondo per il suo straordinario Duomo, una selva di pinnacoli, statue ed archi rampanti, un racconto monumentale di oltre sei secoli di storia dell’arte. Architetti, artisti e grandi maestri artigiani hanno contribuito alla creazione di questa cattedrale unica, assolutamente da visitare! Tra le statue più curiose del Duomo ci sono certamente quella cinquecentesca di San Bartolomeo scorticato (che ha terrorizzato intere generazioni di ragazzini in gita scolastica) realizzata da Marco d’Agrate, quella di Primo Carnera realizzata negli anni 30 del Novecento per omaggiare il primo pugile italiano a fregiarsi del titolo mondiale e la Legge Nuova (1810) di Camillo Pacetti che pare abbia ispirato la realizzazione della, ben più famosa, Statua della Libertà di New York.

Tra le meraviglie meneghine è certamente da annoverare anche la Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, detta anche la “Cappella Sistina di Milano” grazie al maestoso ciclo di affreschi di scuola leonardesca che ne decora le pareti. Tra le grandi opere, recentemente restaurate e che quindi regalano nuovamente tutto il loro splendore, a colpire l’occhio del visitatore più curioso è l’affresco di Aurelio Luini (figlio del più celebre Bernardino) “Storie dell’Arca di Noè” che, incredibilmente, vede salire sull’arca più famosa di sempre gli altrettanto celebri “due leocorni”.

Cenacolo di Leonardo
Cenacolo di Leonardo

Milano vanta anche uno dei più grandi capolavori d’arte al mondo: il Cenacolo di Leonardo da Vinci (1494-1498). Contrariamente a quanto molti credono, l’Ultima Cena del maestro fiorentino non è un affresco ma un dipinto realizzato con tempera grassa e una tecnica molto simile a quella usata per la pittura su tavola che consentì una maggiore definizione dei dettagli e una brillantezza straordinaria dei colori. Nonostante i vantaggi, la scelta di questa originale tecnica causò anche grossi problemi di conservazione dell’opera, più esposta agli agenti atmosferici (ed ai vapori provenienti dalla cucina, essendo il Cenacolo dipinto sul muro del refettorio dell’ormai ex convento di Santa Maria delle Grazie) e al deterioramento causato dal passare del tempo. Ammirare l’Ultima Cena di Leonardo è un’esperienza emozionante che chiunque visiti Milano non deve lasciarsi sfuggire.

Un altro capolavoro degno di nota tra i tanti che si trovano a Milano, benché sia probabilmente meno conosciuto e certamente meno apprezzato del Cenacolo, è la Pietà Rondanini di Michelangelo (1552-1564) regina indiscussa dei Musei del Castello Sforzesco. Opera ritenuta tra le più personali del maestro (forse addirittura ideata per la di lui sepoltura secondo quanto indicato dal Vasari), la Pietà Rondanini rappresenta la scena biblica, raffigura l’abbraccio tra la madre e il figlio, sottintende la prossimità della resurrezione. Curioso il fatto che la monumentale opera sia stata acquistata dal Comune di Milano nel 1952 grazie ad una sottoscrizione pubblica tra tutti i cittadini (fortemente voluta dall’allora direttrice della Pinacoteca di Brera Fernanda Wittgens) che raccolse i 135 milioni necessari all’acquisto.

Se avrete l’occasione di visitare Milano in più giorni non lasciatevi sfuggire le collezioni d’arte della Pinacoteca di Brera – dal Cristo morto di Mantegna al Bacio di Hayez – della Pinacoteca Ambrosiana – dal Musico di Leonardo alla Canestra di Caravaggio – e del Museo del Novecento che espone il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, Forme uniche della continuità dello spazio di Boccioni (sì, la scultura riprodotta sui 20 centesimi di euro italiani) e opere di de Chirico, Fontana, Modigliani e Kandinskij.

Ma a Milano l’arte non è solo quella dei grandi capolavori, a Milano si passeggia con il naso all’insù per ammirare le ville decorate da maioliche colorate in stile Liberty – una su tutte Casa Galimberti in Porta Venezia – si respira la romantica atmosfera dei Navigli tra botteghe d’arte e bistrot, si rimane incantati dalle storie e dalle leggende raccontate dal Castello Sforzesco e dal Parco Sempione, ci si stupisce di fronte ai coloratissimi murales dei quartieri più popolari come NoLo o l’Ortica.

Il pensiero laterale maestro di semplicità

In queste settimane sto seguendo un corso di degustazione di vini per principianti; durante la seconda lezione, con la quale si cercava di insegnarci qualche buon abbinamento cibo – vino, ho scoperto due cose fondamentali:

1 – Lo champagne sta bene con tutto tranne che con il dolce.

2 – Barolo e patatine in sacchetto sono il miglior abbinamento di tutti i tempi.

Pur ammettendo di non aver ancora testato il secondo punto (il Barolo non è proprio un vino alla portata di tutti), ammetto che mi ha incuriosita molto più del primo portandomi a riflettere sui casi infiniti di “strane coppie” e stranezze in genere.

Definiamo qualcosa “strano” quando ciò che vediamo non rientra nei parametri di normalità ai quali siamo abituati, “non è conforme alla norma, non rispetta una regola”.

Riusciamo a far rientrare nella “normalità” qualcosa di strano utilizzando il pensiero laterale per comprenderne funzionamento e ragioni. Il concetto di pensiero laterale è stato espresso da Edward De Bono, scrittore e psicologo maltese, nel 1967.

“Il pensiero laterale è la disponibilità a cambiare intenzionalmente modello all’interno di un sistema basato su modelli.”  – E. De Bono

Con pensiero laterale o lateral thinking si intende, quindi, una modalità di risoluzione di problemi logici con un approccio particolare, osservando  il problema da diverse angolazioni, evitando la logica sequenziale e le considerazioni più ovvie, considerando punti di vista alternativi per trovare la soluzione.

“Accontentarsi di un approccio o una soluzione “adeguata” diventa il maggiore ostacolo alla ricerca di un’alternativa migliore.”  – E. De Bono

Il metodo del lateral thinking elaborato da De Bono si propone di stimolare abilità molto preziose quali il problem solving e la creatività ed è seguito da molte delle più importanti aziende ed istituzioni del mondo.

Per ottenere dei risultati grazie all’ausilio del pensiero laterale, si può partire dal brainstorming (letteralmente: tempesta mentale) che consiste nell’esplorare tutte le possibilità e le connessioni che la nostra mente crea pensando a quel determinato problema; in questo modo abituiamo la nostra mente a vedere e considerare un numero molto più alto di risposte possibili.

Utilizzando il pensiero laterale si scoprirà quanto, di sovente, la risposta migliore è anche la più semplice:

“Stiamo annegando nella complessità. Un esempio: pochissimi utilizzano più di un decimo delle istruzioni per l’uso di un videoregistratore. Cioè il 95% della popolazione non usa il 90% delle funzioni di un normale elettrodomestico. Le pare tollerabile questo spreco? Quando dobbiamo comprare un computer ci troviamo nella stessa situazione. Convivere con la complessità è solo uno spreco di tempo.”

E. De Bono

A questo proposito un simpatico (quanto falso) aneddoto: quando gli scienziati della NASA investirono una fortuna per inventare una penna a sfera che scrivesse nello spazio in assenza di gravità, i loro colleghi russi, per mancanza di soldi, pensarono che si potessero usare più semplicemente le matite.

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Matt Damon in “The Martian”

[In realtà gli astronauti di entrambe le nazioni utilizzavano inizialmente le matite che però presentavano diverse problematiche, ad esempio la possibilità che le punte spezzate vagando in cabina finissero negli occhi degli astronauti. È stata l’azienda Fisher a produrre in autonomia e poi vendere – prima agli americani e poi ai russi – una penna utilizzabile a gravità zero.]

Quindi, se non vi è mai capitato prima di pensare che un Barolo possa dare il suo meglio se abbinato alle patatine, avete, come la sottoscritta, decisamente bisogno di allenarvi nell’utilizzo del pensiero laterale…

E, sempre come me, di provare Barolo e patatine!

Live Wine 2017: vini artigianali, naturali, biologici e biodinamici

Gli eventi dedicati ai prodotti biologici si sono, negli ultimi anni, moltiplicati. A Milano, capitale dell’innovazione, del lifestyle e di tutto ciò che fa tendenza, si è svolto durante lo scorso week end – 18 e 19 febbraio al Palazzo del Ghiaccio – Live Wine: la fiera internazionale del vino artigianale.

Dedicato agli operatori del settore, agli appassionati eruditi del tema e a possibili e probabili compratori, l’evento è stato caratterizzato da un’aura di sobrietà (potrebbe sembrare una battuta), professionalità e competenza. Da cultrice di enologia di livello più che amatoriale – nonostante le parentele eccelse in Franciacorta che producono Millesimato per ristoranti stellati – mi son sentita circondata da persone sapienti, veri conoscitori del prodotto e della sua storia, delle tecniche e della passione che alberga in chi lavora la terra.

Particolarmente attrattivo è stato il concetto di vino naturale che “si prefigge di indicare un vino prodotto in modo rispettoso dell’ambiente e salutare per chi lo consuma; ma anche, di conseguenza, di qualità superiore e ben connotato gustativamente”. La definizione è tratta da “Vini Naturali. Che cosa sono?” di Samuel Cogliati (Possibilia Editore). Parlando di vino naturale con i produttori in fiera (oltre 150 da tutta Italia e da molte regioni d’Europa) ho scoperto che in molti si stanno interessando negli ultimi anni alle certificazioni biologiche ma anche che, alcuni di loro, sviluppano da molto tempo i propri prodotti seguendo le regole del bio senza interessarsi alle certificazioni (ritenute spesso troppo costose).

Dalla vendemmia del 2012 i produttori possono indicare in etichetta che un vino è biologico qualora seguano le pratiche di agricoltura biologica in vigna ed in cantina secondo le indicazioni contenute nel regolamento europeo che vieta l’utilizzo di alcune sostanze e di alcune pratiche. Sono vietate le sostanze di derivazione chimica ma concesse quelle di origine animale, minerale o vegetale (ad esempio la gomma arabica, la colla di pesce, la caseina, l’albumina, la bentonite, la perlite ed altre materie prime di origine biologica). In particolare viene imposto un limite riguardo quantità di solfiti nei vini rossi ad un massimo di 100 mg/l e nei vini bianchi ad un massimo di 150 mg/l.

L’agricoltura biodinamica è basata sulla relazione tra le energie del terreno, degli esseri viventi e cosmiche. Ammette unicamente concimi prodotti da aziende biologiche o biodinamiche certificate e concimi organici, gli insetti dannosi si contrastano con mezzi meccanici, repellenti non chimici o ricorrendo alla lotta integrata con insetti utili, il limite per l’utilizzo solfiti è di 70 mg/L per i vini rossi, 90 mg/L per i rosati ed i bianchi secchi e 60 mg/L per i vini spumanti e quelli frizzanti.

Tra i vini (e le filosofie di produzione raccontate) che più ho apprezzato in fiera:

Il Grignolino “Anarchico” dell’Azienda Agricola Morando Silvio, un rosso strutturato con una sua storia personale: il nome di questo vino è ispirato alla rivoluzione spagnola d’ideale anarchico degli anni 30.

Il Colfondo Anfora Vino bianco frizzante “sur lie” di Casa Belfi, prodotto con metodo biodinamico, affinato in anfora e non filtrato.

Il Secondome bianco e rosso biologico dell’Azienda Agricola Ferraro Maurizio, presentato in anteprima al Live Wine con il motto “Ne foeder moriar” che significa: crediamo in ciò che facciamo e che non siamo disposti a scendere a compromessi per nessuna ragione! La natura va accompagnata, nè controllata, nè gestita.

Città italiane: Padova, la città dei tre senza

L’ispirazione la si può trovare ovunque, da chiunque e da qualsiasi cosa. Nuove riflessioni possono nascere dalla poetica di un autore, da un quadro, da uno strumento antico o da una città. Emblemi dei percorsi storici che le hanno attraversate, le città italiane nascondono sempre preziosi spunti per pensare, per conoscere, per imparare. Visitare una città è come ascoltare una storia fatta di persone, di regni, di religioni, di consuetudini, di movimenti, di arte e tanto ancora.

Padova è detta la città dei tre senza: un Santo senza nome, un prato senza erba, un caffè senza porte.

Il Santo senza nome in realtà un nome l’aveva, Sant’Antonio da Padova, ma è chiamato da tutti solamente “il Santo” tanto è che la Basilica a lui dedicata è detta “Basilica del Santo” e la piazza antistante è Piazza del Santo.

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Basilica del Santo

Il prato senza erba, che oggi l’erba ce l’ha, è Prato della Valle: la maestosa piazza (una delle più grandi d’Europa) è stata per anni un terreno paludoso, continuamente funestato da alluvioni fino al compimento dell’opera di bonifica e riqualificazione operata da Andrea Memmo nel ‘700. La piazza era, già nell’antichità, chiamata “pratum” (ovvero ampio mercato), nonostante l’erba – insieme agli alberi, i ponti, gli obelischi, le statue, l’isola memmia, la fontana e tanto altro – non ci fosse.

Prato della Valle

Quando mi sono trovata davanti al celeberrimo Caffè Pedrocchi di Padova sono rimasta delusa, le porte c’erano (due!!!) ed erano anche parecchio pesanti. Il locale infatti era detto “senza porte” per il semplice fatto che non chiudeva mai. Da quando nell’800 è stato costruito, il Caffè Pedrocchi è stato luogo di ritrovo per intellettuali ventiquattrore su ventiquattro, almeno fino al 1916 quando, a causa del pericolo austriaco, cominciò ad abbassare le serrande durante la notte.

Il caffè Pedrocchi alla menta
Il caffè Pedrocchi alla menta

Nelson Mandela: il percorso verso l’uguaglianza

Ricorre oggi, 5 dicembre 2016, il terzo anniversario di morte di Nelson Mandela, uno dei più grandi leader del XX secolo. Simbolo di uguaglianza, unione e lotta contro il razzismo, Mandela fu il primo Presidente di colore della nazione del Sudafrica per la quale pose le basi di una società fondata sulla libertà e sulla democrazia per tutti.

Quello di Mandela fu un lungo percorso iniziato con gli anni di lotta nell’ANC – Il Congresso Nazionale Africano (African National Congress) – che è oggi il più importante partito politico sudafricano, ininterrottamente al governo del Paese dal 1994 ad oggi.

Fondato nel 1912 con lo scopo di difendere i diritti della popolazione nera sudafricana,  il partito era inizialmente caratterizzato da un marcato impegno per la non violenza; il giovane Mandela vi aderì nel 1942. Dopo la vittoria nel 1948 del Partito Nazionale, autore di una politica pro-apartheid di segregazione razziale, Mandela si distinse nella campagna di resistenza del 1952 organizzata dall’ANC basata su boicottaggi e scioperi. Nel 1960, dopo l’uccisione di manifestanti disarmati a Sharpeville e la successiva interdizione dell’ANC e di altri gruppi anti-apartheid, Mandela appoggiò la scelta della lotta armata.

Diventato comandante dell’ala armata Umkhonto we Sizwe dell’ANC (“Lancia della nazione”, o MK) nel 1961, Mandela coordinò la campagna di sabotaggio contro l’esercito governativo ed elaborò piani per una possibile guerriglia con l’obiettivo di porre fine all’apartheid. Nell’agosto del 1962 fu arrestato dalla polizia sudafricana e incarcerato per 27 anni. Tra gli anni 70 e 80 l’ANC continuò la sua lotta armata causando anche vittime. In quegli anni di prigionia Mandela divenne il simbolo della lotta contro il razzismo e l’apartheid nel mondo. Nel 1980 riuscì a spedire un manifesto all’ANC che recitava “Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa e il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!”

Mandela, liberato l’11 febbraio del 1990 grazie alle crescenti proteste dell’ANC e alle pressioni della comunità internazionale, decise di abbandonare la strategia violenta e vendicativa in favore di un processo di riconciliazione e pacificazione. Divenuto libero cittadino e Presidente dell’ANC concorse nel 1994 contro De Klerk per la carica di Presidente del Sudafrica e vinse, diventando il primo capo di stato di colore. De Klerk fu nominato vice presidente.

“Dall’esperienza di una terribile catastrofe umana [l’apartheid], che troppo a lungo si è protratta, deve nascere una società di cui l’umanità intera sarà fiera.. è giunta l’ora di guarire le ferite. È arrivato il momento di colmare l’abisso che ci divide. È tempo di costruire”

Nelson Mandela – Discorso di insediamento alla presidenza del Sudafrica – 1994

Mandela guidò la transizione dal vecchio regime basato sull’apartheid alla democrazia, guadagnandosi il rispetto mondiale per il suo sostegno alla riconciliazione nazionale e internazionale. Pochi anni dopo il suo insediamento alla presidenza (che si protrarrà fino al 1999) Mandela disse: “Il Sudafrica è un’icona mondiale dell’universalità dei diritti umani, della speranza, della pace e della riconciliazione”.

Resilienza: la più grande capacità dei guerrieri odierni

La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In psicologia si traduce nella capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Le persone resilienti vengono colpite e si rialzano, gli eventi provano a spezzarle ma loro si deformano solo momentaneamente e sono poi capaci di tornare alla condizione iniziale se non addirittura di migliorarsi.

In psicologia la resilienza viene considerata di tre tipi: istintiva, tipica dei primi anni di vita; affettiva, sottintende una maturità valoriale e sociale oltre che del senso di sé; cognitiva, ovvero quelle occasioni in cui il soggetto reagisce con l’ausilio di capacità intellettive razionali. La resilienza indica la capacità di rapportarsi correttamente all’ambiente che ci circonda ed ai problemi che può creare.

Le persone dotate di questa capacità, o che l’hanno appresa, sono quegli individui che hanno trovato se stessi e sono spesso ottimisti, dotati di una forte autostima ed equilibrio psicologico.

“Un anno di vita è sempre qualcosa di compiuto. Accadono spesso fatti negativi che mai si ripeteranno uguali. Ma, nel corso della nostra esistenza, quegli stessi fatti che ci hanno ferito, o solo fatto un po’ soffrire, potranno tornare a ripetersi sotto altre forme, in altre situazioni, e se la prima volta abbiamo saputo affrontarli ci faranno soffrire di meno.”

Louise May Alcott, Piccole Donne

L’amore per la vita e la positività sono le caratteristiche che accomunano tutti i guerrieri della resilienza. Sostanzialmente, si tratta di fare un percorso individuale che, in caso ci si trovi in un momento difficile della propria vita o si subisca un trauma, sia di supporto al processo di integrazione di questo dolore nella propria storia personale. La resilienza è quindi la capacità di rendere positivo qualcosa che nasce con un accezione negativa, la resilienza è crescere e migliorarsi in ogni condizione.

“In psicologia il concetto di resilienza si applica alle persone capaci di condurre una vita serena, nonostante i colpi del destino o un’infanzia difficile. Gli individui dotati di resilienza non crollano dinanzi a una crisi, ma ne escono arricchiti interiormente. Sono ottimisti e realistici assumono le proprie responsabilità, confidano nelle loro capacità e sanno cercare appoggio quando serve.”

Moritz Huber, La Strategia dell’Orso Bianco

Coaching motivazionale: azione, azione, azione!

La psicologia della motivazione, diventata di particolare interesse negli ultimi venti o trent’anni, è una disciplina affascinante e complessa che vediamo applicata nella vita di ogni giorno più volte di quante potremmo immaginare. Mi spiego: avete mai assistito ad un corso di team building aziendale? O seguito la pagina facebook di un fitness coach? O sentito parlare della nuova frontiera della consulenza, i mental coach? Se la risposta è si, avete assistito all’applicazione di una o più teorie e tecniche di psicologia della motivazione.

Negli ultimi mesi sto seguendo con interesse il blog e la pagina FB di un fitness coach, “Fitness al Femminile – il sistema di allenamento scientifico”, che svolge magistralmente l’attività di motivare i suoi follower grazie a diversi fattori: la condivisione di contenuti utili al miglioramento personale, l’approccio pratico e la percezione di “consulenza ad hoc” che regala. Di particolare interesse è l’indicazione costante di attività pratiche da svolgere e la spiegazione dettagliata che ne viene data: se il tuo personal trainer ti chiedesse di compiere uno squat senza mostrarti come si fa, quale sarebbe la tua reazione? Se il dietologo ti imponesse di dimagrire senza indicarti una dieta, pagheresti la parcella?

motivazione

Per anni i motivatori hanno raccontato storie, belle, sicuramente incentivanti a cominciare un percorso di cambiamento con un  approccio positivo, ma troppo spesso a queste non seguivano indicazioni pratiche. In particolare le attività di team building sul luogo di lavoro sono spesso vissute come impositive, giornate durante le quali non si lavora e magari ci si diverte anche ma, totalmente inutili rispetto allo scopo che si prefiggevano di raggiungere gli organizzatori. Ciò che voglio sottolineare è l’importanza del How to, del Come si fa.

Se è pur vero che “la mente può conseguire qualunque cosa sia in grado di concepire” – M. Clement Stone- è anche certo che la persona deve essere aiutata nell’ideazione di un piano pratico vincente.

Molto interessante da questo punto di vista l’approccio del mental coach americano Anthony Robbins che incoraggia ad agire e prendere decisioni perché questi sono i primi passi verso un cambiamento di qualsiasi natura. Agendo si modifica la realtà che ci circonda, pensando di agire tutto rimane uguale. Robbins spiega, nel suo libro “Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario” le tecniche che porteranno il nuovo comportamento ad essere costante: fisiologia, focus, atteggiamento positivo e azione, azione, azione.

Olympe de Gouges: “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”

In seguito alla pubblicazione della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” nel 1789, l’autrice francese Marie Gouze, che poi decise di cambiare il suo nome in Olympe de Gouges, scrisse nel 1791 la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” con l’intenzione di ottenerne l’approvazione dall’assemblea costituente.

Olympe de Gouges
Olympe de Gouges

L’attivista francese impegnò la sua vita a favore del riconoscimento dei diritti individuali, soprattutto nei confronti delle minoranze: donne, ma anche neri, orfani e bambini non riconosciuti. Olympe rimprovera agli uomini di essere oppressori senza averne diritto, senza una legge divina o di natura che conceda loro di comportarsi in questo modo e chiede che le donne abbiano stessi diritti ma anche stessi doveri, che siano cittadine a tutti gli effetti.

La sua “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” è il primo documento giuridico legale che chiede l’equiparazione della donna all’uomo. Dopo la rivoluzione, la Francia nega ufficialmente il diritto delle donne ad essere cittadine nell’aprile del 1793 e, il 3 novembre dello stesso anno, Olympe de Gouges viene ghigliottinata a causa delle sue convinzioni politiche.  Questo il commento apparso sul giornale Moniteur: “Olympe de Gouges volle essere un uomo di Stato, sembra che la legge abbia punito questa cospiratrice per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso”.

“Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”
“Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”

Riporto integralmente la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”:

“Uomo, sei capace d’essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi? Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l’esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e rendi a te l’evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, indaga e distingui, se puoi, i sessi nell’amministrazione della natura. Dappertutto tu li troverai confusi, dappertutto essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale. 

Solo l’uomo s’è affastellato un principio di questa eccezione. Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo illuminato e di sagacia, nell’ignoranza più stupida, vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione, e reclama i suoi diritti all’uguaglianza, per non dire niente di più.

Preambolo

Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale. Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati ad ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati, affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi, e alla felicità di tutti. In conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina.

Articolo I – La Donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell’uomo. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull’utilità comune.

Articolo II-  Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell’Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all’oppressione.

Articolo III – Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione, che è la riunione della donna e dell’uomo: nessun corpo, nessun individuo può esercitarne l’autorità che non ne sia espressamente derivata.

Articolo IV – La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l’esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l’uomo le oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.

Articolo V – Le leggi della natura e della ragione impediscono ogni azione nociva alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere obbligato a fare quello che esse non ordinano di fare.

Articolo VI – La legge deve essere l’espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; esse deve essere la stessa per tutti: Tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili ad ogni dignità, posto e impiego pubblici secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.

Articolo VII – Nessuna donna è esclusa; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa legge rigorosa.

Articolo VIII – La Legge non deve stabilire che pene restrittive ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non grazie a una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.

Articolo IX – Tutto il rigore è esercitato dalla legge per ogni donna dichiarata colpevole.

Articolo X – Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico stabilito dalla legge.

Articolo XI – La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.

Articolo XII – La garanzia dei diritti della donna e della cittadina ha bisogno di un particolare sostegno; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di quelle alle quali è affidata.

Articolo XIII – Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, i contributi della donna e dell’uomo sono uguali; essa partecipa a tutte le incombenze, a tutti i lavori faticosi; deve dunque avere la sua parte nella distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche delle dignità e dell’industria.

Articolo XIV-  Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di costatare personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, la necessità dell’imposta pubblica. Le Cittadine non possono aderirvi che a condizione di essere ammesse ad un’uguale divisione, non solo dei beni di fortuna, ma anche nell’amministrazione pubblica, e di determinare la quota, la base imponibile, la riscossione e la durata dell’imposta.

Articolo XV – La massa delle donne, coalizzata nel pagamento delle imposte con quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto, ad ogni pubblico ufficiale, della sua amministrazione.

Articolo XVI – Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata, né la separazione dei poteri sia determinata, non ha alcuna costituzione; la costituzione è nulla, se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione, non ha cooperato alla sua redazione.

Articolo XVII – Le proprietà appartengono ai due sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno ne può essere privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, l’esiga in modo evidente, a condizione di una giusta e preliminare indennità”.

Scopri di più leggendo il libro (formato ebook e cartaceo) “LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE” di Maria Rosa Cutrufelli.

La donna che visse due volte

 

Alda Merini: la poetessa dei navigli

La poetessa dei  navigli, Alda Merini, è nata il 21 marzo 1931.

“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta..”

“Era una scrittrice lei, già dall’età di 15 anni scriveva le sue poesie, e anche se vivevamo in una condizione di povertà e pativamo spesso la fame, nostra madre perseguiva i suoi sogni” così le quattro figlie parlano della poetessa Alda Merini.

Donna, Madre e Poetessa. Nessuna delle tre cose più di un’altra. La Merini è stata internata per vent’anni  in manicomio, a partire dagli anni 60. Nel  1979 comincia a raccontare gli orrori degli ospedali psichiatrici, alternerà periodi di libertà e di internamento fino al 1986 quando, in seguito alla morte del secondo marito Michele Pierri, torna definitivamente a casa, sul naviglio di Milano. Dall’esperienza della malattia e della degenza nasce l’opera considerata il suo capolavoro, “la Terra Santa”, vincitore del premio Montale nel 93.

Il manicomio è una grande cassa
con atmosfere di suono
e il delirio diventa specie,
l’anonimità misura,
il manicomio è il monte Sinai
luogo maledetto
sopra cui tu ricevi
le tavole di una legge
agli uomini sconosciuta”

Alda Merini scrive dei geni e dei folli, scrive di Dio. Perché i medici non possono comprendere ciò che è l’uomo ma solo Dio può sapere cosa nasconde l’animo umano, perché la mente è lo scacco alla scienza che non potrà mai comprenderla a pieno. Profondamente cattolica, la poetessa credeva che solo i poeti ,“I pronipoti di Dio”, potessero avvicinarsi a comprendere questo mistero.

Quelli dopo il ritorno a Milano saranno anni di tranquillità e intenso lavoro per la poetessa che diventa una figura pubblica, ottiene molti riconoscimenti letterari e la laurea ad honorem all’Università di Messina. La Merini sosterrà sempre che i poeti hanno la capacità di vedere cose che non sono accessibili a tutti “il poeta vede le cose in un altro modo. Molto diverso, molto più ampio.. ha un portato immaginifico enorme..”

Alda Merini si spegne il 1 novembre 2009 nella sua amata Milano. Non ricordavo fossero già passati tanti anni, ricordo invece benissimo quanto avevo desiderato conoscerla, quanto avrei voluto che leggesse le mie poesie di liceale e mi facesse da maestra.

 “Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno.. per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.

www.aldamerini.it