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Plastica: storia della più celebre nemica dell’ambiente

Sotto i riflettori come non mai, neoeletta peggior nemica dell’ambiente a causa del suo lentissimo processo di degradabilità (dai 100 agli oltre 1000 anni), la plastica ha in realtà una storia piuttosto longeva.

Il primo materiale di tipo plastico venne inventato e brevettato tra il 1861 e il 1862 dall’inglese Alexander Parkes. Con gli studi dei fratelli Hyatt (Stati Uniti, 1870) si otterrà poi la formula della cellulosa che fornì la base, nel XX secolo, per lo sviluppo dell’acetato di cellulosa. Nel giro di pochi anni, nel secondo decennio del ‘900, vengono brevettati la Bakelite, il PVC e il cellophane: la via per l’invasione della plastica è aperta.

Tra gli anni ’30 e ‘40 la plastica diventa protagonista dell’industria moderna, il petrolio viene elevato a “materia prima”, migliorano le tecniche di stampaggio e lavorazione, vengono brevettati il nylon e il polietilene tereftalato (PET). Proprio il PET diverrà celebre in qualità di contenitore per bevande quando, nel 1973, Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia che oggi è riconosciuta come standard per il confezionamento delle acque minerali e delle bibite: la celeberrima bottiglietta di plastica!

bottiglia pet plastica

Nei decenni successivi, gli anni del boom economico, la plastica entra prepotentemente nelle case di tutti gli italiani (anche in seguito alla scoperta di Giulio Natta nel 1954 del Polipropilene isotattico) e si afferma nel mondo della moda, del design e, più tardi, dell’innovazione tecnologica.

Fu a partire dagli anni ’90 che i ricercatori identificarono le cosiddette “Isole di plastica” negli oceani e venne coniato il termine “microplastica” (dall’oceanografo Richard Thompson) per lanciare l’allarme riguardo ai minuscoli frammenti plastici che stanno inquinando direttamente gli organismi degli animali marini. Le microplastiche possono risultare dalla rottura di plastiche di più grandi dimensioni o essere state create appositamente dalle aziende per i loro prodotti, in particolare cosmetici e detersivi, come “microsfere”.

“L’Università di medicina di Vienna ha dimostrato la presenza di piccoli pezzi di plastica, di dimensioni comprese tra 50 e 500 micrometri, nei campioni di feci umane. Sono stati analizzati i campioni di otto diversi partecipanti dai 33 ai 65 anni, provenienti da Giappone, Russia, Paesi Bassi, Regno Unito, Italia, Polonia, Finlandia e Austria. Tutti i campioni sono risultati positivi alle microplastiche. Nello specifico, sono stati rilevati nove diversi tipi di plastica: il polipropilene e il polietilentereftalato sono risultati i più comuni. In media, i campioni contenevano 20 particelle di microplastica per ogni 10 grammi di feci umane. Secondo i diari alimentari tenuti dai partecipanti risulta che tutti sarebbero venuti a contatto con la plastica tramite involucri alimentari e bottiglie e sei delle otto persone avrebbero mangiato pesce dall’oceano.” [Repubblica.it – 7 settembre 2019]

microplastiche

Proprio contro le microplastiche si è scatenata la prima protesta contro la plastica che, nel giro di pochi anni, ha raggiunto dimensioni inimmaginabili. La spiegazione che si sono dati gli esperti riguardo a tutto l’interesse e la preoccupazione sul tema rispetto ad altri problemi ambientali [spesso più gravi, come ad esempio i cambiamenti climatici] è piuttosto semplice:

il problema è percepito come risolvibile.

Ma lo è davvero?

Consideriamo dunque qualche buona notizia (dall’Europa e dall’Italia) che ci fa sperare che la risposta sia “Si”.

  • All’inizio del 2019 il Parlamento Europeo ha approvato nuove norme su proposta dalla Commissione ambiente per l’eliminazione dei prodotti di plastica monouso per i quali esiste un’alternativa sostenibile (posate di plastica, cannucce, cotton fioc, coperchi per bevande, ecc) entro il 2021. La direttiva europea prevede anche che entro il 2029 il 90% delle bottiglie di plastica PET debba essere raccolto e riciclato dagli Stati membri. Alle aziende produttrici di involucri e contenitori spetterà l’attività di sensibilizzazione tramite etichette informative e anche l’obbligo di contribuire ai costi di gestione e bonifica dei rifiuti.
  • Alle elezioni europee 2019 il gruppo dei Verdi ha ottenuto 75 seggi (poco meno del 10%), quasi il doppio della tornata elettorale 2014.
  • Nel 2018 il Regno Unito ha vietato le microplastiche nei cosmetici e nei prodotti di igiene personale.
  • L’Italia è stato il primo Paese in Europa ad approvare la legge contro gli shopper non compostabili, approvata nel 2006 ed entrata in vigore nel 2012, ad applicare dal 1 gennaio 2018 la messa al bando dei sacchetti leggeri e ultraleggeri di plastica tradizionale, a dire stop ai cotton fioc non biodegradabili e compostabili (dal 2019) e microplastiche nei cosmetici (a partire dal 2020). [fonte: Legambiente]

La strada da fare è ancora tanta, tantissima, ma il cammino è iniziato…

“Tutti gli insegnanti dicono la stessa cosa, […] “Sarete voi a salvare il mondo.” Sì, ce l’hanno già detto. Ma non sarebbe così stupido se almeno ci voleste aiutare un po’”. [Greta Thunberg]

Per maggiori informazioni vi invito a consultare il sito Corepla – Consorzio nazionale per raccolta riciclo e recupero degli imballaggi in plastica, a leggere questo interessantissimo articolo di Stephen Buranyi per The Guardian tradotto e pubblicato su Eco-Magazine.info e, soprattutto, ad acquistare in modo consapevole.

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Giornata Mondiale dell’Ambiente 2017: l’impatto dell’alimentazione umana

Proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite 45 anni fa (nel 1972), il 5 giugno di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale dell’Ambiente, dedicata nel 2017 alla connessione tra la natura e l’uomo.

In base ai dati dell’indagine Waste Watchers presentati da Last Minute Market, oltre l’80% degli italiani si dichiara ambasciatore della cultura green (ovvero disposto a farsi carico del cambiamento necessario) e acerrimo nemico dello spreco alimentare: il 91% degli intervistati la considera cosa grave o gravissima e ben il 96% dichiara di insegnare ai figli a non sprecare.

Quel che manca pare essere la consapevolezza riguardo alla situazione attuale: 3 intervistati su 4 incolpano la filiera di produzione/distribuzione e gli esercizi di ristorazione di produrre enormi sprechi quando, stando alla realtà dei fatti, il 60/70% dello spreco alimentare avviene nelle case ed è pari a circa 16 miliardi annui (1% del pil).

Per quanto riguarda gli sprechi alla fonte (produzione, distribuzione e ristorazione), è stata approvata pochi mesi fa dal parlamento italiano la Legge Antisprechi, un sistema premiante per chi dona l’eccedenza alimentare, di farmaci e vestiario, basato su incentivi (riduzione dell’importo della tessa sui rifiuti) e semplificazioni burocratiche.

Sembra evidente, oggi più che mai, che la volontà di fare la cosa giusta rischia di rimanere solo una dichiarazione d’intenti, sostenuta dalla mala informazione che spinge le persone ad incolpare qualcun altro di un torto del quale esse stesse sono inconsapevolmente colpevoli. Facile puntare il dito. Facile essere ambasciatori green se il nostro compito è spingere altri a cambiare. Difficile è cambiare noi stessi e le nostre abitudini.

Lo spreco alimentare casalingo è, come noto, solo una delle cause che rendono l’alimentazione umana non più sostenibile per il pianeta, altra problematica che necessita di maggiore attenzione è quella del consumo di carne ed, in particolare, della presenza di allevamenti intensivi di animali.

allevamento suini

“Quella di oggi è la prima generazione ad avere piena consapevolezza che ogni scelta comporta delle conseguenze. E’ tempo di decidere tra la vita e la morte e scegliere di seguire la corrente significa scegliere la morte.”

Frances Moore Lappé, attivista e scrittrice statunitense

Il dato sconvolgente del quale la maggior parte delle persone paiono tutt’ora essere all’oscuro – nonostante sia presente addirittura nella popolarissima Wikipedia – è che per produrre un chilo di carne da immettere sul mercato sono necessari tra i 14 e i 20 chili di cereali e leguminose.

allevamento mucche

“Gli allevamenti sono fabbriche di proteine alla rovescia”.

Frances Moore Lappé, attivista e scrittrice statunitense

Agli allevamenti intensivi e al loro legame con il collasso ambientale si sono interessati recentemente diversi studiosi e scrittori; ogni anno vengono pubblicati libri, realizzate nuove ricerche ed emergono evidenze a sostegno dell’adozione di una dieta vegetariana o vegana che consenta al pianeta di continuare a vivere. Tra i parametri considerati più importanti: il consumo di acqua e le emissioni di CO2.

allevamento polli

Ad esempio, la ricerca italiana del 2006 “Valutazione dell’impatto ambientale di diverse tipologie di alimentazione” ha determinato che una dieta vegetariana ha un impatto ambientale di 1,8 volte superiore rispetto ad una dieta vegana mentre un alimentazione onnivora che rispetti parametri dietetici consigliati arriverebbe quasi a triplicare l’impatto di una dieta che rifiuti carne e derivati. Lo studio puntualizza che, nel 2006, la dieta scorretta adottata mediamente dagli italiani risultava avere un impatto di 6,7 volte superiore rispetto a quella di un vegano.

macello

 “Pensare di avere più diritto a mangiare un animale di quanto ne abbia l’animale a vivere senza soffrire è una depravazione. Non sono ragionamenti astratti. È questa la realtà in cui viviamo. Guarda che cosa sono gli allevamenti intensivi. Guarda che cos’ha fatto la nostra società agli animali non appena ne ha avuto il potere tecnologico. Guarda che cosa facciamo effettivamente in nome del «benessere degli animali» e del «trattamento umano», e poi decidi se sei ancora disposto a mangiare carne.. E allora quanta sofferenza è accettabile? È questa la base di tutto, ed è questo che ognuno di noi deve chiedersi. Quanta sofferenza sei disposto a tollerare per il tuo cibo?”

Jonathan Safran Foer, scrittore e saggista statunitense

L’acqua: una questione ambientale e socio-economica

La Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e che ricorre ogni 22 marzo, è un’occasione per riflettere sulla situazione del pianeta da un punto di vista ambientale, sociale ed economico.

L’acqua lega tutti e tutto a doppio filo, senza di essa non esisterebbe la vita, non sarebbe possibile abitare il pianeta e non si avrebbero le risorse per la creazione di un sistema economico anche solo di piccola scala. Ma, ormai troppo spesso, l’acqua viene data per scontata: si discute del consumo di suolo, delle ingiustizie sociali che affliggono parti del pianeta, della globalizzazione che sta, inesorabilmente, allargando la forbice della diseguaglianza economica. In pochi parlano della situazione dei nostri mari e dei nostri ghiacciai, della mancanza di acqua che colpisce alcune popolazioni del mondo e dello spreco che se ne fa in altre, dell’abnorme necessità idrica delle industrie e degli allevamenti.

L’edizione 2017 della Giornata Mondiale dell’Acqua è dedicata alla questione delle acque reflue, ovvero quelle contaminate da attività domestiche, industriali e agricole. Obiettivo dell’Onu sarebbe quello di “migliorare entro il 2030 la qualità dell’acqua eliminando le discariche, riducendo l’inquinamento e il rilascio di prodotti chimici e scorie pericolose, dimezzando la quantità di acque reflue non trattate e aumentando considerevolmente il riciclaggio e il reimpiego sicuro a livello globale”.

Come per molte altre tematiche di rilievo, il mio primo invito è quello di informarsi, leggere, chiedere, discutere. Ma, nel frattempo, alcuni consigli:

Mangia meno carne e pesce (o scegli una vita veg): il consumo di acqua degli esseri umani, o impronta idrica (dall’inglese water footprint), legato al cibo è circa l’85% del totale (il 10% alla produzione industriale e il 5% al consumo domestico). Di conseguenza, se si vuole ridurre il proprio impatto personale, è utile sapere che i prodotti derivati dagli animali hanno un’impronta idrica maggiore rispetto a quelli vegetali, a causa dell’acqua impiegata per produrre il foraggio.

Poni attenzione a quello che fai: chiudi l’acqua quando ti lavi i denti, fatti la doccia e non il bagno (che giova anche alla circolazione), fai la lavatrice solo a pieno carico, non usare detergenti aggressivi e preferisci i rimedi della nonna per pulire casa. Sono solo alcune piccole cose tra quelle e che puoi fare senza sforzo e che possono venirti in mente se poni attenzione..

Esercitare il consumo critico: in questi ultimi anni alcune aziende, spinte dalle pressioni esercitate dall’opinione pubblica, si stanno muovendo verso una politica di riduzione dello spreco idrico. A questo proposito rimando ad un interessante analisi di Lifegate che cita Fiat Chrysler Automobiles ed Enel come le virtuose italiane.