La poetessa dei navigli, Alda Merini, è nata il 21 marzo 1931.
“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta..”
“Era una scrittrice lei, già dall’età di 15 anni scriveva le sue poesie, e anche se vivevamo in una condizione di povertà e pativamo spesso la fame, nostra madre perseguiva i suoi sogni” così le quattro figlie parlano della poetessa Alda Merini.
Donna, Madre e Poetessa. Nessuna delle tre cose più di un’altra. La Merini è stata internata per vent’anni in manicomio, a partire dagli anni 60. Nel 1979 comincia a raccontare gli orrori degli ospedali psichiatrici, alternerà periodi di libertà e di internamento fino al 1986 quando, in seguito alla morte del secondo marito Michele Pierri, torna definitivamente a casa, sul naviglio di Milano. Dall’esperienza della malattia e della degenza nasce l’opera considerata il suo capolavoro, “la Terra Santa”, vincitore del premio Montale nel 93.
“Il manicomio è una grande cassa
con atmosfere di suono
e il delirio diventa specie,
l’anonimità misura,
il manicomio è il monte Sinai
luogo maledetto
sopra cui tu ricevi
le tavole di una legge
agli uomini sconosciuta”
Alda Merini scrive dei geni e dei folli, scrive di Dio. Perché i medici non possono comprendere ciò che è l’uomo ma solo Dio può sapere cosa nasconde l’animo umano, perché la mente è lo scacco alla scienza che non potrà mai comprenderla a pieno. Profondamente cattolica, la poetessa credeva che solo i poeti ,“I pronipoti di Dio”, potessero avvicinarsi a comprendere questo mistero.
Quelli dopo il ritorno a Milano saranno anni di tranquillità e intenso lavoro per la poetessa che diventa una figura pubblica, ottiene molti riconoscimenti letterari e la laurea ad honorem all’Università di Messina. La Merini sosterrà sempre che i poeti hanno la capacità di vedere cose che non sono accessibili a tutti “il poeta vede le cose in un altro modo. Molto diverso, molto più ampio.. ha un portato immaginifico enorme..”
Alda Merini si spegne il 1 novembre 2009 nella sua amata Milano. Non ricordavo fossero già passati tanti anni, ricordo invece benissimo quanto avevo desiderato conoscerla, quanto avrei voluto che leggesse le mie poesie di liceale e mi facesse da maestra.
“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno.. per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.