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Libri da leggere per la Giornata del libro

Il 24 aprile è la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, istituita nel 1996 e patrocinata dall’UNESCO. L’obiettivo della Giornata del libro è quello di promuovere la lettura, di incoraggiare le persone a scegliere dei libri da leggere in base ai propri interessi. Che tu sia appassionato di letteratura fantascientifica, di gialli, di grandi classici o romanzi contemporanei, hai a disposizione migliaia di libri da leggere in quarantena.

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Cecità, capolavoro distopico tra i libri da leggere

Romanzo scritto dal premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, Cecità esplora il concetto dell’indifferenza umana. Per la giornata del libro ti consiglio di leggere la storia di questa città dove iniziano a verificarsi strani avvenimenti che stravolgeranno la vita così come la conosciamo. Alcuni abitanti vengono colpiti da una strana forma di cecità e, di conseguenza, rinchiusi dalle autorità che temono un’epidemia… Senza troppi giri di parole, non vi sembra perfetto come titolo tra i libri da leggere in quarantena?

Saramago ha scritto anche il seguito di quest’opera per continuare il suo viaggio nella mente umana attraverso personalismi e paure. Saggio sulla lucidità approfondisce il rapporto del popolo con le figure appartenenti al governo così come Cecità sviscerava i rapporti tra piccoli gruppi sociali. Nella Giornata mondiale del libro non dovrebbe mai mancare un capolavoro da Premio Nobel. Saramago è stato premiato per la sua capacità di “afferrare una realtà elusiva […] con parabole sostenute da immaginazione, compassione e ironia”.

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Libri da leggere per “Buonisti”

La piccola casa editrice italiana People si dà l’obiettivo di raccontare persone, battaglie e trasformazioni. Tra queste il libro Buonisti di Jacopo Melio, attivista conosciuto per aver fondato #VorreiPrendereilTreno.  Questa onlus sensibilizza su temi quali la disabilità, l’inclusione e l’abbattimento delle barriere architettoniche (e culturali!) Un’altra voce della casa editrice è quella di Espérance Hakuzwimana Ripanti, scrittrice italiana nata in Ruanda e cresciuta in provincia di Brescia. Ma non solo, con People ha pubblicato anche la senatrice Liliana Segre.

  • I Buonisti sono quelle persone che cercano di farsi spazio in una società affetta da razzismo, egoismo e fascismo. In questo libro Melio racconta gli attacchi da lui subiti (come spesso capita ai “buonisti”) e li raccoglie in una lista surreale che ci ricorda di rimanere umani, ogni giorno. Assolutamente tra i libri da leggere in quarantena, Buonisti aiuta a pensare, aiuta ad uscire di nuovo di casa ma come persone migliori.
  • E poi basta. Manifesto di una donna nera italiana è il racconto personale di Espérance Hakuzwimana Ripanti, della sua vita cominciata in Ruanda e continuata in Italia. È la storia degli ostacoli incontrati, dei compagni di viaggio e della lotta per trovare la propria voce di una donna nera italiana.
  • Liliana Segre. Il mare nero dell’indifferenza è una testimonianza della Senatrice Segre, espulsa dalla scuola, clandestina e deportata ad Auschwitz. Negli ultimi trent’anni, diventata nonna, la Segre ha promosso una straordinaria campagna contro l’indifferenza e contro il razzismo. Un messaggio di speranza rivolto ai giovani, suoi “nipoti ideali”, perché non si perdano mai i diritti e il rispetto per le persone.

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Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Luis Sepúlveda, amato scrittore e attivista cileno recentemente scomparso, ci ha lasciato molti romanzi, racconti e poesie. Tra i più celebri vi è Storia di una gabbianella e del gatto che le insegno a volare. Da questo romanzo, tra i libri da leggere almeno una volta nella vita, è stato tratto il film d’animazione “La gabbianella e il gatto”. La storia dell’orfana gabbianella Fortunata, cresciuta dal gatto Zorba tra mille difficoltà è commovente, semplice, diretta. «Sepúlveda costruisce con la consueta maestria letteraria un mondo dove aiutare chi è in difficoltà è il valore supremo.» dalla critica di Bruno Arpaia.

«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.

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Harry Potter, tutti i libri da leggere in quarantena

La saga creata da J.K. Rowling si trova, ormai da decenni, in vetta a tutte le classifiche di vendita. Tra i libri da leggere assolutamente nella vita, quelli che raccontano le avventure di Harry, Ermione e Ron non possono mancare! Si tratta di una saga di sette libri, perfetta per chi vuole scoprire un nuovo mondo fantasioso e straordinariamente coinvolgente. Il maghetto Harry Potter, amato da grandi e bambini, combatterà contro il crudele mago oscuro Voldemort per salvare tutto il mondo dei maghi. Adatta anche a chi non ha l’abitudine di leggere, la saga di Harry Potter è super consigliata per chiunque voglia aderire alla Giornata del libro!

Una saga letteraria capace di conquistare qualsiasi lettore, Harry Potter crea una commistione perfetta tra realtà e fantasia. “Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?” (citazione: Silente in Harry Potter e i Doni della Morte).

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L’amica geniale, il fenomeno da ri-leggere per la Giornata del libro

Tra i libri da leggere in quarantena per la giornata mondiale del libro non poteva mancare L’amica geniale, fenomeno tutto italiano. La serie di 4 romanzi è stata scritta da Elena Ferrante (pseudonimo) e letta da 12 milioni di persone nel mondo. La serie è composta da L’amica geniale, Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta e da Storia della bambina perduta. La storia, ambientata a Napoli negli anni ’50, è quella di Lenù e Lila, due ragazze molto diverse unite da una grande amicizia.

La Ferrante pone l’accento sui sentimenti e sui cambiamenti delle sue protagoniste tessendo una trama incentrata sulla vita delle donne. Dai libri è tratta una serie realizzata in Italia e trasmessa in molti paesi del mondo. Tra le nuove letture più interessanti del decennio, L’amica geniale non poteva mancare nelle proposte dedicate alla Giornata del libro.

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Io resto a casa: l’ambiente domestico nell’arte

Le limitazioni di movimento scelte dal governo italiano per limitare la diffusione del famigerato Covid-19 ci impongono di rimanere in casa. Decisione sofferta ma, a parer mio, corretta, la firma del decreto “Io resto a casa” (in data 9 marzo 2020) estende a tutta Italia i divieti imposti alla Lombardia e ad altre 14 province del Nord Italia il giorno precedente. Sui media (social e non) si assiste a costanti appelli alla responsabilità e al buonsenso. Ma, pensando a quella che è la richiesta che ci viene fatta, è davvero poi così difficile rispettare queste regole?

Nella storia dell’arte sono molte le rappresentazioni di ambienti domestici. Veri e propri luoghi di vita vissuta e non solo stanze per riposare la sera e fare colazione la mattina. In questo periodo vissuto con difficoltà da alcuni, ho deciso di raccogliere alcune opere d’arte che ritraggono ambienti domestici e raccontarvele. Dopotutto, l’arte ci aiuta ad essere più felici (ne parlo qui: Come essere felici: 3 fattori chiave), anche a casa nostra!

Io resto a casa: il decreto

Riporto, per quanto possibile sinteticamente, quelle che sono le limitazioni imposte dal decreto “Io resto a casa” su tutto il territorio nazionale fino al 3 aprile:

  • I cittadini potranno muoversi unicamente per “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o spostamenti per motivi di salute”.
  • Vietati gli assembramenti di persone e quindi stop a feste, raduni e stadi.
  • Si deve rispettare ovunque la distanza di almeno un metro tra una persona e l’altra, no a baci, abbracci e strette di mano.
  • Chiusi tutti i cinema, impianti sciistici, musei, teatri, discoteche, palestre e luoghi di svago. Aperti i parchi ma frequentabili solo rispettando le regole.
  • Bar e ristoranti possono aprire dalle 6 alle 18 (ma molti esercenti hanno scelto la chiusura per tutelare sé stessi, i dipendenti e il bene comune).

Potete leggere il decreto per intero nella Gazzetta Ufficiale: decreto 8 marzo (ora esteso a tutta Italia) e decreto “Io resto a casa” del 9 marzo.

Io resto a casa: la solitudine nell’era dell’aperitivo

Limitazione della libertà personale, poca interazione con altre persone del proprio gruppo sociale, difficoltà nel cambiare le proprie abitudini seppur per un breve periodo. Queste sono le obbiezioni poste da chi tra le quattro mura di casa, magari da solo, pensa di non poterci stare.

Chi non ama uscire dall’ufficio e rilassarsi prendendo un aperitivo con gli amici? A chi non piace fare un giro al centro commerciale nei giorni piovosi per comprare vestiti, scarpe e accessori domestici? Potrei continuare all’infinito con queste domande ma il tema è che in questo momento non vi deve importare cosa vi piace fare. State a casa, anche se non vi piace.

Viviamo l’ambiente domestico

A questo proposito, sono troppe le attività casalinghe alle quali, nella vita frenetica delle grandi città, non concediamo abbastanza spazio. Leggete, cucinate (magari un dolce, i dolci ci rendono tutti più sereni!) meditate, sistemate l’armadio e ascoltate musica. Quando finite la vostra giornata lavorativa in smart working mettete via il computer e fate un aperitivo in videochiamata, qualche esercizio a corpo libero in salotto o leggete un libro.

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“L’influsso che l’ambiente può avere sulla nostra vita quotidiana e sulla percezione della felicità è notevole ed è ormai da anni oggetto di studio della psicologia ambientale che si occupa proprio di studiare il comportamento umano e il benessere delle persone in relazione alle caratteristiche fisiche e sociali dei luoghi della vita quotidiana” spiega Mirilia Bonnes, direttore del Centro Interuniversitario di Ricerca in Psicologia Ambientale (CIRPA), presso l’Università di Roma la Sapienza. “Il nesso ambiente-felicità è dovuto a vari processi psicologici che si instaurano nella nostra mente e che contribuiscono al benessere nella vita quotidiana anche in relazione ai luoghi dell’abitare”. (dichiarazioni tratte da un articolo di Centodieci.it)

Proprio la dottoressa Bonnes, in un’intervista al Messaggero di qualche anno fa sosteneva che “All’interno della casa ci sono diversi fattori che possono risultare decisivi… La convivenza deve consentire spazi di autonomia, anche personale. È necessario, in qualsiasi momento, potersi isolare, poter regolare l’accesso degli altri a sé. Questo elemento, importante sempre nella vita delle persone, diventa vitale all’interno della propria casa. La regolazione della privacy è uno dei fattori di soddisfazione della vita quotidiana”.

Quindi, se siete a casa da soli, consideratevi anche fortunati!

L’ambiente domestico nell’arte

Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck

Dipinto datato 1434 e conservato alla National Gallery di Londra, è tra le opere meglio conosciute dell’artista e della pittura fiamminga in generale. Tra i più antichi esempi di ritratto privato, questo olio su tavola è caratterizzato da una minuziosa rappresentazione dell’ambiente domestico. Una gran varietà di oggetti sono dipinti con estrema precisione ma quello che, più di tutti attira l’attenzione, è lo specchio. Al centro dell’opera è raffigurato uno specchio convesso che ritrae la coppia di spalle e lascia intravedere altre persone presenti nella stanza.

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A tutt’oggi ancora non è stabilito certamente cosa rappresenti quest’opera enigmatica. La tesi più accreditata (proposta da Erwin Panofsky nel 1934) è quella che si tratti della raffigurazione del matrimonio del mercante Giovanni Arnolfini con la prima moglie Costanza Trenta. Altri teorizzano possa trattarsi di una promessa di matrimonio o di un omaggi del marito alla moglie venuta a mancare prematuramente. In Simboli e allegorie, edito da Electa, si legge anche che “Il dipinto è un’allegoria dell’ideale sociale del matrimonio, portatore di ricchezza, abbondanza, prosperità. Il cane e gli zoccoli rappresentano il motivo della fedeltà coniugale. Le arance sono un augurio di fertilità.”

La Lezione di musica di Jan Vermeer

Dipinto a olio su tela del 1662, é conservato nelle collezioni reali a St. James’s Palace (Londra). La stanza, ampia e inondata di luce, incornicia perfettamente la scena amorosa che il pittore vuole mostrare. La spinetta (lo strumento suonato dalla ragazza) riporta l’iscrizione “La musica è compagna della gioia e balsamo per il dolore.”

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Particolare attenzione viene data, anche in questo caso, ai dettagli della stanza. Dal marmo del pavimento al tappeto che ricopre il tavolo fino al velluto ceruleo della sedia. Particolare anche la posizione dello specchio che, al contrario di quanto realizzato nel ritratto di Jan van Eyck, ci permette di scorgere il viso della giovane dipinta di spalle.

La camera di Vincent ad Arles di Vincent van Gogh

Forse la più celebre tra le opere che raffigurano l’ambiente domestico, la Camera di Vincent ad Arles è stata realizzata in tre versioni. I quadri sono stati dipinti tra il 1888 ed il 1889 e sono conservati presso il Van Gogh Museum di Amsterdam, l’Art Institute of Chicago ed il Museo d’Orsay di Parigi. Van Gogh rappresenta la sua quotidianità nella casa gialla di Arles, dove sperava di allestire un rifugio per artisti. Troviamo nella stanza un attaccapanni con appeso il celebre cappello di paglia con cui l’artista si ritrasse. Ma possiamo ammirare anche due stampe giapponesi, un autoritratto e due sedie vuote.

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L’intenzione di van Gogh è quella di rappresentare il riposo, il sonno, la quiete. “Qui il colore deve fare tutto, e poiché con il suo effetto semplificante conferisce maggiore stile alle cose, esso dovrà suggerire riposo o sonno in generale. In una parola, guardare il quadro deve far riposare il cervello, o piuttosto l’immaginazione […] Questo come una sorta di vendetta per il riposo forzato al quale sono stato obbligato.”

Interno (La Mia Sala da Pranzo) di Vassily Kandinsky

Il quadro, datato 1909 e conservato alla Galleria Lenbachhaus di Monaco di Baviera, non è certo tra i più noti dell’artista. Probabilmente realizzata nel periodo in cui Kandinsky sperimenta un utilizzo violento ed antinaturalistico del colore, l’opera presenta ancora soggetti ben delineati e definiti. Sarà solo dopo un paio d’anni (1911) che l’artista esporrà le sue prime opere astratte in una mostra personale a Berlino.

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In questa stanza riconosciamo molti dettagli tra i quali il tavolo, la sedia, il calorifero e un cestino colmo di frutta. Potrebbe essere la sala da pranzo di chiunque. Con un po’ di fantasia, potrebbe essere la nuova versione (super colorata ma metaforica) del nostro ambiente domestico!

Io resto a casa!

Spero vi sia piaciuta questa piccola divagazione sul tema dell’ambiente domestico nell’arte, se avete suggerimenti riguardo ad altre opere da inserire nell’articolo saranno molto apprezzati. Spero anche vi sia servito a trovare una prospettiva diversa dalla quale guardare la vostra casa, forse più romantica, magari più colorata.

E se ancora non siete convinti di poter ricavare qualcosa di buono da quest’imposizione… Ricordate, ai nostri nonni hanno imposto di andare in guerra, a noi viene solo chiesto di stare sul divano!

Come essere felici: 3 fattori chiave

Negli ultimi anni molti ricercatori si sono dati da fare per trovare la chiave della felicità, il Santo Graal della nostra epoca. Pare però che questa magica soluzione ad ogni problema non sia univoca ma composta da più fattori. Emerge quindi la necessità, per gli individui che desiderano essere felici, di creare un equilibrio tra relazioni, emozioni, tempo e attività.

Nel World Happiness Report 2019 – che considera fattori chiave per la felicità di un popolo il pil pro capite, la speranza di vita e di salute, il supporto sociale e della famiglia, la generosità, la libertà di scelta e la fiducia nell’economia e nel governo – si è registrato un ulteriore calo della felicità mondiale, tendenza negativa costante iniziata con la crisi economica. In questo report, che vede l’Italia scalare una decina di posizioni rispetto ai due anni precedenti (ne ho parlato qui), a farla da padroni sono i paesi del Nord Europa: Finlandia, Danimarca e Norvegia conquistano il podio della felicità. L’Italia conquista il 36esimo posto della classifica grazie alla speranza di vita e salute, che ci vede settimi al mondo, e al supporto sociale e familiare (23esima posizione) ma arranca in quanto a positività. Sono infatti molto diffusi sentimenti di rabbia e preoccupazione, calo della fiducia nelle istituzioni e percezioni di mancanza di libertà decisionale e di prospettive per i giovani.

Altre ricerche però indicano come fattori chiave per una vita felice indicatori che il World Happiness Report non tiene in considerazione, scopriamo quali:

Il tempo per essere felici

Il Museo Novecento di Firenze, in occasione del Capodanno 2020, ha chiesto a 1000 persone di scegliere come essere felici votando una coppia di desideri e “più tempo, più passioni” ha vinto con il 14% dei voti. Tenendo conto della rilevanza intrinseca di tutte le coppie di desideri (solo per citarne alcune: più cura, più rispetto; meno violenza, più fiducia; più lavoro, più serenità) si tratta di un risultato che fa riflettere. Secondo uno studio recente (pubblicato nel febbraio 2019 dalla rivista Harvard Business Review), condotto dalla ricercatrice Ashley Whillans, su 100.000 lavoratori di tutto il mondo, coloro che sono disposti a rinunciare ad un guadagno maggiore per ottenere più tempo libero hanno “relazioni sociali più soddisfacenti, carriere più soddisfacenti e più gioia e, complessivamente, vite più felici” (Fonte: Forbes.it)

Consigli per guadagnare tempo:

  • Munitevi di un’agenda: programmare i vostri impegni è il modo migliore per guadagnare tempo!
  • Fatevi aiutare nelle faccende di casa: dal vostro compagno/a, dalla vicina alla quale ricambierete il favore, da un professionista del pulito o da un’agenzia specializzata.
  • Liberatevi del Complesso di Atlante: se avete un lavoro a tempo pieno, non pretendete di partecipare a tutte le attività scolastiche e sportive dei vostri figli; se avete bisogno di fare un bagno rilassante, la vostra amica in crisi può aspettare un paio d’ore prima di essere chiamata; se non avete tutta questa voglia di andare ad un aperitivo di team building con i colleghi declinate, sarà per la prossima volta.

Come essere felici grazie alla Natura

Un altro fattore chiave per essere felici, probabilmente meno ovvio del primo, è quello protagonista del libro “The nature fix: why nature make us happier, healtier and more creative” (prima edizione 2017) della giornalista Florence Williams. L’autrice, in un’intervista al National Geographic, ha spiegato come un gruppo di neuroscienziati abbia monitorato l’attività celebrale di alcuni individui e registrato i cambiamenti che avvenivano in base ai diversi luoghi in cui il soggetto si trovava. Ne è emerso che “Le onde alfa, tipiche di un individuo sveglio ma del tutto rilassato, si registrano più forti quando questi si trova nella natura”. A supportare questa tesi la nuova ricerca dell’European Centre for Environment and Human Health dell’Università di Exeter che, sulle pagine della rivista Scientific Reports, sostiene che bastino 2 ore a settimana immersi nella natura a migliorare il nostro umore ed il benessere psico-fisico. Sempre secondo questa ricerca, non è necessario passare questo tempo facendo sport o camminate (che comunque sono auspicabili, essendo anche l’attività fisica un fattore importante per la nostra felicità) ma basterebbe sedersi su una panchina immersa nel verde o rilassarsi appoggiati ad un albero contemplando i paesaggi naturali circostanti.

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Consigli per dedicare due ore alla natura:

  • Andate al mare! È inverno? Abitate in una delle cinque regioni in Italia senza sbocco sul mare? Ci sono i laghi: Lago di Garda, Lago d’Iseo, Lago di Como, Lago Maggiore, Lago d’Orta, Lago Trasimeno e così via…
  • Partecipate ad una gita in montagna: l’Italia vanta migliaia di chilometri di sentieri, non sempre è necessario essere grandi alpinisti, per molti di questi bastano delle scarpe adatte e i compagni di camminata adatti. Personalmente consiglio la mulattiera che da Valbondione (BG) porta all’Osservatorio dove ammirare una delle speciali aperture delle cascate del Serio (trovate il calendario qui).
  • Scegliete un parco nella vostra città (ogni città ne ha almeno uno!) e rilassatevi…

L’arte di essere felici

Ma la vera novità è lo studio inglese che sostiene che dedicarsi all’arte non solo ci rende felici ma anche più longevi. Pubblicato sul British Medical Journal nel dicembre 2019, lo studio dell’Universal College London indica non solo che visitare musei e mostre ed andare a teatro renda più felici ma addirittura che allunghi la vita. Emerge così che il rischio di morte precoce si riduce del 31% per chi partecipa ad attività culturali almeno una volta al mese. Le attività culturali sono da anni associate ad un miglioramento dell’umore, come ad esempio ha dimostrato un’indagine del Prof. Enzo Grossi dell’Università di Bologna. Monitorando i cambiamenti del livello di cortisolo (l’ormone dello stress) di 99 persone durante una visita alla cupola ellittica settecentesca del Santuario di Vicoforte è emerso che questo è sceso del 60% durante l’attività culturale ed, inoltre, il 90% dei partecipanti ha dimostrato di essere più felice.

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  • Visitate un museo, ce ne sono di tutti i tipi, ci sarà pure qualcosa di vostro gusto! Tra l’altro i musei civici sono gratis la prima domenica del mese ed in alcuni giorni particolari (calendario qui). Tra i miei musei preferiti: Pinacoteca di Brera (Milano), Galleria degli Uffizi (Firenze), Collezione Peggy Guggenheim (Venezia) e i celebri Musei Vaticani.
  • Visitate una chiesa, un’abbazia, una certosa, un palazzo storico, un monumento, un teatro, un castello, una piazza, un sito archeologico; l’arte è ovunque…
  • Ammirate una mostra (solitamente richiede meno tempo della visita ad un museo ed è più coinvolgente perché organizzata intorno ad un artista o ad una corrente specifica); il 2020 sarà l’anno di Raffaello quindi preparatevi a riscoprire questo grande genio del Rinascimento. Per chi invece, come me, ama l’arte moderna e contemporanea consiglio di visitare “Van Gogh, Monet e Degas” a Padova, “Joan Mirò. Il linguaggio dei segni” a Napoli, “Il tempo di Giacometti. Da Chagall a Kandinsky” a Verona.

E dunque, come essere felici? Fate in modo di avere più tempo per voi stessi, per coltivare relazioni sociali più soddisfacenti, per fare qualche passeggiata nella natura o contemplare un paesaggio, per andare a teatro o visitare una mostra.

Plastica: storia della più celebre nemica dell’ambiente

Sotto i riflettori come non mai, neoeletta peggior nemica dell’ambiente a causa del suo lentissimo processo di degradabilità (dai 100 agli oltre 1000 anni), la plastica ha in realtà una storia piuttosto longeva.

Il primo materiale di tipo plastico venne inventato e brevettato tra il 1861 e il 1862 dall’inglese Alexander Parkes. Con gli studi dei fratelli Hyatt (Stati Uniti, 1870) si otterrà poi la formula della cellulosa che fornì la base, nel XX secolo, per lo sviluppo dell’acetato di cellulosa. Nel giro di pochi anni, nel secondo decennio del ‘900, vengono brevettati la Bakelite, il PVC e il cellophane: la via per l’invasione della plastica è aperta.

Tra gli anni ’30 e ‘40 la plastica diventa protagonista dell’industria moderna, il petrolio viene elevato a “materia prima”, migliorano le tecniche di stampaggio e lavorazione, vengono brevettati il nylon e il polietilene tereftalato (PET). Proprio il PET diverrà celebre in qualità di contenitore per bevande quando, nel 1973, Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia che oggi è riconosciuta come standard per il confezionamento delle acque minerali e delle bibite: la celeberrima bottiglietta di plastica!

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Nei decenni successivi, gli anni del boom economico, la plastica entra prepotentemente nelle case di tutti gli italiani (anche in seguito alla scoperta di Giulio Natta nel 1954 del Polipropilene isotattico) e si afferma nel mondo della moda, del design e, più tardi, dell’innovazione tecnologica.

Fu a partire dagli anni ’90 che i ricercatori identificarono le cosiddette “Isole di plastica” negli oceani e venne coniato il termine “microplastica” (dall’oceanografo Richard Thompson) per lanciare l’allarme riguardo ai minuscoli frammenti plastici che stanno inquinando direttamente gli organismi degli animali marini. Le microplastiche possono risultare dalla rottura di plastiche di più grandi dimensioni o essere state create appositamente dalle aziende per i loro prodotti, in particolare cosmetici e detersivi, come “microsfere”.

“L’Università di medicina di Vienna ha dimostrato la presenza di piccoli pezzi di plastica, di dimensioni comprese tra 50 e 500 micrometri, nei campioni di feci umane. Sono stati analizzati i campioni di otto diversi partecipanti dai 33 ai 65 anni, provenienti da Giappone, Russia, Paesi Bassi, Regno Unito, Italia, Polonia, Finlandia e Austria. Tutti i campioni sono risultati positivi alle microplastiche. Nello specifico, sono stati rilevati nove diversi tipi di plastica: il polipropilene e il polietilentereftalato sono risultati i più comuni. In media, i campioni contenevano 20 particelle di microplastica per ogni 10 grammi di feci umane. Secondo i diari alimentari tenuti dai partecipanti risulta che tutti sarebbero venuti a contatto con la plastica tramite involucri alimentari e bottiglie e sei delle otto persone avrebbero mangiato pesce dall’oceano.” [Repubblica.it – 7 settembre 2019]

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Proprio contro le microplastiche si è scatenata la prima protesta contro la plastica che, nel giro di pochi anni, ha raggiunto dimensioni inimmaginabili. La spiegazione che si sono dati gli esperti riguardo a tutto l’interesse e la preoccupazione sul tema rispetto ad altri problemi ambientali [spesso più gravi, come ad esempio i cambiamenti climatici] è piuttosto semplice:

il problema è percepito come risolvibile.

Ma lo è davvero?

Consideriamo dunque qualche buona notizia (dall’Europa e dall’Italia) che ci fa sperare che la risposta sia “Si”.

  • All’inizio del 2019 il Parlamento Europeo ha approvato nuove norme su proposta dalla Commissione ambiente per l’eliminazione dei prodotti di plastica monouso per i quali esiste un’alternativa sostenibile (posate di plastica, cannucce, cotton fioc, coperchi per bevande, ecc) entro il 2021. La direttiva europea prevede anche che entro il 2029 il 90% delle bottiglie di plastica PET debba essere raccolto e riciclato dagli Stati membri. Alle aziende produttrici di involucri e contenitori spetterà l’attività di sensibilizzazione tramite etichette informative e anche l’obbligo di contribuire ai costi di gestione e bonifica dei rifiuti.
  • Alle elezioni europee 2019 il gruppo dei Verdi ha ottenuto 75 seggi (poco meno del 10%), quasi il doppio della tornata elettorale 2014.
  • Nel 2018 il Regno Unito ha vietato le microplastiche nei cosmetici e nei prodotti di igiene personale.
  • L’Italia è stato il primo Paese in Europa ad approvare la legge contro gli shopper non compostabili, approvata nel 2006 ed entrata in vigore nel 2012, ad applicare dal 1 gennaio 2018 la messa al bando dei sacchetti leggeri e ultraleggeri di plastica tradizionale, a dire stop ai cotton fioc non biodegradabili e compostabili (dal 2019) e microplastiche nei cosmetici (a partire dal 2020). [fonte: Legambiente]

La strada da fare è ancora tanta, tantissima, ma il cammino è iniziato…

“Tutti gli insegnanti dicono la stessa cosa, […] “Sarete voi a salvare il mondo.” Sì, ce l’hanno già detto. Ma non sarebbe così stupido se almeno ci voleste aiutare un po’”. [Greta Thunberg]

Per maggiori informazioni vi invito a consultare il sito Corepla – Consorzio nazionale per raccolta riciclo e recupero degli imballaggi in plastica, a leggere questo interessantissimo articolo di Stephen Buranyi per The Guardian tradotto e pubblicato su Eco-Magazine.info e, soprattutto, ad acquistare in modo consapevole.

Notre Dame brucia: il simbolo di una generazione

Notre Dame brucia. Il simbolo di una generazione illusa, disillusa, delusa, maltrattata è crollato. Spento l’incendio,  si sono accese le polemiche.

La Cattedrale parigina versava da anni in condizioni preoccupanti, proprio dalle impalcature posizionate per un’operazione di restauro dell’edificio pare abbia avuto origine l’incendio che il 15 aprile 2019 ha trafitto non solo il cuore di Parigi ma il cuore di una generazione che ha assistito impotente al crollo della guglia centrale e parte del tetto di Notre Dame.

I maggiori media mondiali hanno informato, discusso e alimentato le polemiche scaturite dall’incendio (dalla mala gestione statale del monumento negli anni alla velocità con cui potenti e industriali si sono proposti quali finanziatori del nuovo, e quanto mai ingente, restauro che riporterà Notre Dame al suo antico splendore) ma nessuno di loro si è concentrato sulla valenza simbolica che Notre Dame ha assunto per un’intera generazione.

Generazione caratterizzata oggi dalla deriva sociale e ideologica, la truppa illusa, disillusa, delusa, maltrattata dei cosiddetti Millenials (i nati tra gli anni ’80 e ‘90 nei Paesi occidentali) ha scoperto Parigi grazie al romantico film d’animazione prodotto dalla Disney (Capolista nella top 10 stilata nel 2017 da Reputation Institute Italia delle aziende più amate dagli italiani, la Disney perde il primato in favore di Amazon nella classifica dei Millenials che preferiscono, oggi, la realtà ai sogni – ne parlo qui) nel 1996: “Il gobbo di Notre Dame”.

Personaggio positivo, il gobbo Quasimodo (ideato da Victor Hugo per il suo “Notre-Dame de Paris” del 1831) è cresciuto isolato da una società che non può accettarlo, interagendo unicamente con un tutore il cui unico scopo è denigrarlo e con la cattedrale di Notre Dame, sua unica e migliore amica rappresentata dai tre gargoyles di pietra animati e ciarlieri. Ed è stato proprio allora che ci siamo innamorati di lei, che abbiamo iniziato ad ammirare con affetto quelle fredde pietre che portavano in dote nove secoli di storia d’Europa. Nel momento esatto in cui abbiamo iniziato ad amarla, nell’attimo in cui la monumentale cattedrale divenne nel nostro immaginario l’allegro ciarlare di Quasimodo con i suoi amici (la sua amica) Notre Dame è diventata uno dei simboli della nostra generazione.

Vignetta "Quasimodo abbraccia Notre Dame" disegnata dall’artista Cristina Correa Freile
Vignetta “Quasimodo abbraccia Notre Dame” disegnata dall’artista Cristina Correa Freile

I Millenials, come non accadeva dall’epoca dei baby boomer (i nati tra gli anni ’50 e ’60, cresciuti tra le amorevoli braccia del boom economico che videro moltiplicarsi le opportunità che avevano caratterizzato la condizione dei propri padri) hanno sperimentato un repentino shock tra le prospettive socio economiche preventivate ed esposte candidamente loro dalle generazioni che li precedevano e la realtà. Per la prima volta da decenni, l’avanzamento è quasi precluso, molto più probabile invece che si verifichi una condizione di arretramento socio economico rispetto alla condizione dei proprio padri o, peggio, si rimanga incastrati, galleggianti nullafacenti, aspiranti al nuovo e scintillante reddito di cittadinanza, ombre NEET (neither in employment nor in education and training – Non impegnati nello studio, nella propria formazione, in un lavoro o nella ricerca di esso).

E così ci siamo illusi, siamo stati cullati dalle fiabe, poi ci siamo impegnati, siamo diventati sicuri e arroganti e, prima che succedesse a Notre Dame, le nostre velleità sono crollate in un cumulo di polvere, sepolte da quei muri in fiamme che non abbiamo potuto varcare. Notre Dame brucia. Notre Dame sarà ricostruita dai soldi dei potenti. E la nostra polvere sarà spazzata via.

Giornata Mondiale dell’Ambiente 2017: l’impatto dell’alimentazione umana

Proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite 45 anni fa (nel 1972), il 5 giugno di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale dell’Ambiente, dedicata nel 2017 alla connessione tra la natura e l’uomo.

In base ai dati dell’indagine Waste Watchers presentati da Last Minute Market, oltre l’80% degli italiani si dichiara ambasciatore della cultura green (ovvero disposto a farsi carico del cambiamento necessario) e acerrimo nemico dello spreco alimentare: il 91% degli intervistati la considera cosa grave o gravissima e ben il 96% dichiara di insegnare ai figli a non sprecare.

Quel che manca pare essere la consapevolezza riguardo alla situazione attuale: 3 intervistati su 4 incolpano la filiera di produzione/distribuzione e gli esercizi di ristorazione di produrre enormi sprechi quando, stando alla realtà dei fatti, il 60/70% dello spreco alimentare avviene nelle case ed è pari a circa 16 miliardi annui (1% del pil).

Per quanto riguarda gli sprechi alla fonte (produzione, distribuzione e ristorazione), è stata approvata pochi mesi fa dal parlamento italiano la Legge Antisprechi, un sistema premiante per chi dona l’eccedenza alimentare, di farmaci e vestiario, basato su incentivi (riduzione dell’importo della tessa sui rifiuti) e semplificazioni burocratiche.

Sembra evidente, oggi più che mai, che la volontà di fare la cosa giusta rischia di rimanere solo una dichiarazione d’intenti, sostenuta dalla mala informazione che spinge le persone ad incolpare qualcun altro di un torto del quale esse stesse sono inconsapevolmente colpevoli. Facile puntare il dito. Facile essere ambasciatori green se il nostro compito è spingere altri a cambiare. Difficile è cambiare noi stessi e le nostre abitudini.

Lo spreco alimentare casalingo è, come noto, solo una delle cause che rendono l’alimentazione umana non più sostenibile per il pianeta, altra problematica che necessita di maggiore attenzione è quella del consumo di carne ed, in particolare, della presenza di allevamenti intensivi di animali.

allevamento suini

“Quella di oggi è la prima generazione ad avere piena consapevolezza che ogni scelta comporta delle conseguenze. E’ tempo di decidere tra la vita e la morte e scegliere di seguire la corrente significa scegliere la morte.”

Frances Moore Lappé, attivista e scrittrice statunitense

Il dato sconvolgente del quale la maggior parte delle persone paiono tutt’ora essere all’oscuro – nonostante sia presente addirittura nella popolarissima Wikipedia – è che per produrre un chilo di carne da immettere sul mercato sono necessari tra i 14 e i 20 chili di cereali e leguminose.

allevamento mucche

“Gli allevamenti sono fabbriche di proteine alla rovescia”.

Frances Moore Lappé, attivista e scrittrice statunitense

Agli allevamenti intensivi e al loro legame con il collasso ambientale si sono interessati recentemente diversi studiosi e scrittori; ogni anno vengono pubblicati libri, realizzate nuove ricerche ed emergono evidenze a sostegno dell’adozione di una dieta vegetariana o vegana che consenta al pianeta di continuare a vivere. Tra i parametri considerati più importanti: il consumo di acqua e le emissioni di CO2.

allevamento polli

Ad esempio, la ricerca italiana del 2006 “Valutazione dell’impatto ambientale di diverse tipologie di alimentazione” ha determinato che una dieta vegetariana ha un impatto ambientale di 1,8 volte superiore rispetto ad una dieta vegana mentre un alimentazione onnivora che rispetti parametri dietetici consigliati arriverebbe quasi a triplicare l’impatto di una dieta che rifiuti carne e derivati. Lo studio puntualizza che, nel 2006, la dieta scorretta adottata mediamente dagli italiani risultava avere un impatto di 6,7 volte superiore rispetto a quella di un vegano.

macello

 “Pensare di avere più diritto a mangiare un animale di quanto ne abbia l’animale a vivere senza soffrire è una depravazione. Non sono ragionamenti astratti. È questa la realtà in cui viviamo. Guarda che cosa sono gli allevamenti intensivi. Guarda che cos’ha fatto la nostra società agli animali non appena ne ha avuto il potere tecnologico. Guarda che cosa facciamo effettivamente in nome del «benessere degli animali» e del «trattamento umano», e poi decidi se sei ancora disposto a mangiare carne.. E allora quanta sofferenza è accettabile? È questa la base di tutto, ed è questo che ognuno di noi deve chiedersi. Quanta sofferenza sei disposto a tollerare per il tuo cibo?”

Jonathan Safran Foer, scrittore e saggista statunitense

Il pensiero laterale maestro di semplicità

In queste settimane sto seguendo un corso di degustazione di vini per principianti; durante la seconda lezione, con la quale si cercava di insegnarci qualche buon abbinamento cibo – vino, ho scoperto due cose fondamentali:

1 – Lo champagne sta bene con tutto tranne che con il dolce.

2 – Barolo e patatine in sacchetto sono il miglior abbinamento di tutti i tempi.

Pur ammettendo di non aver ancora testato il secondo punto (il Barolo non è proprio un vino alla portata di tutti), ammetto che mi ha incuriosita molto più del primo portandomi a riflettere sui casi infiniti di “strane coppie” e stranezze in genere.

Definiamo qualcosa “strano” quando ciò che vediamo non rientra nei parametri di normalità ai quali siamo abituati, “non è conforme alla norma, non rispetta una regola”.

Riusciamo a far rientrare nella “normalità” qualcosa di strano utilizzando il pensiero laterale per comprenderne funzionamento e ragioni. Il concetto di pensiero laterale è stato espresso da Edward De Bono, scrittore e psicologo maltese, nel 1967.

“Il pensiero laterale è la disponibilità a cambiare intenzionalmente modello all’interno di un sistema basato su modelli.”  – E. De Bono

Con pensiero laterale o lateral thinking si intende, quindi, una modalità di risoluzione di problemi logici con un approccio particolare, osservando  il problema da diverse angolazioni, evitando la logica sequenziale e le considerazioni più ovvie, considerando punti di vista alternativi per trovare la soluzione.

“Accontentarsi di un approccio o una soluzione “adeguata” diventa il maggiore ostacolo alla ricerca di un’alternativa migliore.”  – E. De Bono

Il metodo del lateral thinking elaborato da De Bono si propone di stimolare abilità molto preziose quali il problem solving e la creatività ed è seguito da molte delle più importanti aziende ed istituzioni del mondo.

Per ottenere dei risultati grazie all’ausilio del pensiero laterale, si può partire dal brainstorming (letteralmente: tempesta mentale) che consiste nell’esplorare tutte le possibilità e le connessioni che la nostra mente crea pensando a quel determinato problema; in questo modo abituiamo la nostra mente a vedere e considerare un numero molto più alto di risposte possibili.

Utilizzando il pensiero laterale si scoprirà quanto, di sovente, la risposta migliore è anche la più semplice:

“Stiamo annegando nella complessità. Un esempio: pochissimi utilizzano più di un decimo delle istruzioni per l’uso di un videoregistratore. Cioè il 95% della popolazione non usa il 90% delle funzioni di un normale elettrodomestico. Le pare tollerabile questo spreco? Quando dobbiamo comprare un computer ci troviamo nella stessa situazione. Convivere con la complessità è solo uno spreco di tempo.”

E. De Bono

A questo proposito un simpatico (quanto falso) aneddoto: quando gli scienziati della NASA investirono una fortuna per inventare una penna a sfera che scrivesse nello spazio in assenza di gravità, i loro colleghi russi, per mancanza di soldi, pensarono che si potessero usare più semplicemente le matite.

the martian
Matt Damon in “The Martian”

[In realtà gli astronauti di entrambe le nazioni utilizzavano inizialmente le matite che però presentavano diverse problematiche, ad esempio la possibilità che le punte spezzate vagando in cabina finissero negli occhi degli astronauti. È stata l’azienda Fisher a produrre in autonomia e poi vendere – prima agli americani e poi ai russi – una penna utilizzabile a gravità zero.]

Quindi, se non vi è mai capitato prima di pensare che un Barolo possa dare il suo meglio se abbinato alle patatine, avete, come la sottoscritta, decisamente bisogno di allenarvi nell’utilizzo del pensiero laterale…

E, sempre come me, di provare Barolo e patatine!

Italia: siamo in salute ma non siamo felici

Il Global Health Index, pubblicato pochi giorni fa da Bloomberg, proclama gli italiani popolo più sano al mondo (sui 163 Paesi considerati) ma, allo stesso tempo, il World Happiness Report 2017 ci classifica come tristi (l’Italia è solo 48esima nella classifica della felicità che prende in esame 155 Paesi).

Le ricette sulle tavole italiane – La classifica stilata da Bloomberg, che ci vede primi nel mondo, si basa su diversi fattori per misurare lo stato di salute degli abitanti di una nazione:  vita media, nutrizione, salute mentale e fattori di rischio come ad esempio  fumo o pressione sanguigna alta.

Bloomberg.com riporta la motivazione principale di questa vittoria tutta italiana: il cibo. Siamo sani perché mangiamo sano. Nonostante la crisi economica, la domanda di alimenti freschi e di qualità è in continua ascesa, consumiamo molta più frutta e verdura di altre popolazioni e traiamo beneficio dall’olio d’oliva utilizzato come grasso principale nella dieta.

Bruschetta con aglio e olio d'oliva

Negli ultimi anni poi, a quelle che erano le abitudini salutari ereditate dalla dieta mediterranea tradizionale, si è aggiunto il nuovo stile di consumo dei millennials, i nati tra la metà degli anni 80 e i primi anni 2000, caratterizzato da attenzione a provenienza, produzione e impatto su ambiente e salute degli alimenti.

E la ricetta della felicità.. – La musica cambia se ad essere preso in esame è il livello di felicità degli italiani. Abbiamo esportato e fatto apprezzare la nostra cucina in tutto il mondo ma ancora non abbiamo scoperto la ricetta della felicità che, secondo il World Happiness Report 2017 redatto dal Sustainable Development Solutions Network su iniziativa delle Nazioni Unite, si basa su sei ingredienti principali: il pil procapite, la speranza di vita e di salute, il supporto sociale, la libertà di scelta, la generosità e la fiducia nel governo e nell’economia.

Siamo il popolo europeo che ha visto un “crollo di felicità” più netto negli ultimi dieci anni e i maggiori responsabili sono la percezione di non poter scegliere liberamente e la mancanza di fiducia nel governo e nell’economia. Prima nella classifica della felicità la Norvegia (che quest’anno ha soffiato il posto alla Danimarca) dove gli abitanti hanno fiducia nell’amministrazione e ben sperano nel futuro con la convinzione che, in caso di bisogno, avranno qualcuno vicino.

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Papa Francesco in Piazza Duomo a Milano (LaPresse)

La ricerca della felicità nel Belpaese è diventata da anni un tema ricorrente e rilevante, a tal punto da spingere il gruppo di ricerca Voices from the Blogs a sviluppare un sistema di misurazione chiamato iHappy. L’analisi, iniziata nel 2012 e basata sui post condivisi dagli utenti di Twitter, rileva un trend negativo a partire dal 2014 con alcuni picchi di “positività” dettati dagli eventi. Basti pensare al balzo di Milano che, nel week end di visita di Papa Francesco, è volata in prima posizione nella classifica delle città felici di iHappy.

Per scoprire i principi base della Psicologia e i padri della scienza psicologica consigliamo la lettura di questi testi di base:

Introduzione alla psicologia
Esperimenti di Psicologia

L’acqua: una questione ambientale e socio-economica

La Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e che ricorre ogni 22 marzo, è un’occasione per riflettere sulla situazione del pianeta da un punto di vista ambientale, sociale ed economico.

L’acqua lega tutti e tutto a doppio filo, senza di essa non esisterebbe la vita, non sarebbe possibile abitare il pianeta e non si avrebbero le risorse per la creazione di un sistema economico anche solo di piccola scala. Ma, ormai troppo spesso, l’acqua viene data per scontata: si discute del consumo di suolo, delle ingiustizie sociali che affliggono parti del pianeta, della globalizzazione che sta, inesorabilmente, allargando la forbice della diseguaglianza economica. In pochi parlano della situazione dei nostri mari e dei nostri ghiacciai, della mancanza di acqua che colpisce alcune popolazioni del mondo e dello spreco che se ne fa in altre, dell’abnorme necessità idrica delle industrie e degli allevamenti.

L’edizione 2017 della Giornata Mondiale dell’Acqua è dedicata alla questione delle acque reflue, ovvero quelle contaminate da attività domestiche, industriali e agricole. Obiettivo dell’Onu sarebbe quello di “migliorare entro il 2030 la qualità dell’acqua eliminando le discariche, riducendo l’inquinamento e il rilascio di prodotti chimici e scorie pericolose, dimezzando la quantità di acque reflue non trattate e aumentando considerevolmente il riciclaggio e il reimpiego sicuro a livello globale”.

Come per molte altre tematiche di rilievo, il mio primo invito è quello di informarsi, leggere, chiedere, discutere. Ma, nel frattempo, alcuni consigli:

Mangia meno carne e pesce (o scegli una vita veg): il consumo di acqua degli esseri umani, o impronta idrica (dall’inglese water footprint), legato al cibo è circa l’85% del totale (il 10% alla produzione industriale e il 5% al consumo domestico). Di conseguenza, se si vuole ridurre il proprio impatto personale, è utile sapere che i prodotti derivati dagli animali hanno un’impronta idrica maggiore rispetto a quelli vegetali, a causa dell’acqua impiegata per produrre il foraggio.

Poni attenzione a quello che fai: chiudi l’acqua quando ti lavi i denti, fatti la doccia e non il bagno (che giova anche alla circolazione), fai la lavatrice solo a pieno carico, non usare detergenti aggressivi e preferisci i rimedi della nonna per pulire casa. Sono solo alcune piccole cose tra quelle e che puoi fare senza sforzo e che possono venirti in mente se poni attenzione..

Esercitare il consumo critico: in questi ultimi anni alcune aziende, spinte dalle pressioni esercitate dall’opinione pubblica, si stanno muovendo verso una politica di riduzione dello spreco idrico. A questo proposito rimando ad un interessante analisi di Lifegate che cita Fiat Chrysler Automobiles ed Enel come le virtuose italiane.

Lotta a bufale e analfabetismo funzionale: Facebook nuovo alleato

Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha annunciato l’arrivo di nuovi tool per combattere la disinformazione o, per meglio dire, le bufale. Ma qual è la situazione che ha aiutato il social network più diffuso al mondo a trasformarsi in terreno fertile per chi vuole fare disinformazione?

In Italia circa il 70% della popolazione è analfabeta funzionale: questo significa che è tecnicamente in grado di scrivere e leggere ma difficilmente riesce a capire e processare l’informazione. Sette italiani su dieci sarebbero incapaci di leggere un contratto d’affitto o una polizza assicurativa e la situazione non migliora se si considerano le abilità numeriche o di problem solving.

Secondo il Rapporto nazionale sulle Competenze degli Adulti redatto da ISFOL nel 2014, che prende in considerazione 24 paesi UE, gli italiani sono i più colpiti dall’analfabetismo funzionale, nettamente sotto la media OCSE. Provano a risollevare le sorti del Belpaese giovani e donne (che hanno ottenuto risultati migliori), proprio quelle categorie che, in Italia, faticano ad emergere e farsi strada a livello lavorativo, sociale e politico.

In questo quadro disastrato, nel quale il 70% delle persone non possiedono le abilità per elaborare correttamente le informazioni, troviamo quasi il 50% della popolazione italiana (27 milioni di individui) classificata come utenza attiva su facebook.

Profetiche le parole pronunciate da Umberto Eco in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media nel 2015: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità

Stando così le cose, proprio come sosteneva il letterato, ad una bufala viene data la stessa rilevanza e visibilità che hanno le notizie reali. Il patron del colosso social ha annunciato l’inserimento di un nuovo pulsante grazie al quale sarà possibile per gli utenti segnalare delle potenziali bufale pubblicate sulla piattaforma. I link segnalati più volte saranno analizzati e, se ritenuti bufale, verranno pesantemente penalizzati nel news feed (avranno meno visibilità e non sarà possibile sponsorizzarli).

“Non scriviamo le notizie che leggete e condividete, ma riconosciamo che siamo molto di più di un distributore di contenuti. Siamo una nuova piattaforma per il dibattito pubblico”. Questa la dichiarazione di Zuckerberg che, a seguito dei vari errori commessi negli ultimi mesi in tema di metriche, vuole disperatamente recuperare credito e credibilità.