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Libri da leggere per la Giornata del libro

Il 24 aprile è la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, istituita nel 1996 e patrocinata dall’UNESCO. L’obiettivo della Giornata del libro è quello di promuovere la lettura, di incoraggiare le persone a scegliere dei libri da leggere in base ai propri interessi. Che tu sia appassionato di letteratura fantascientifica, di gialli, di grandi classici o romanzi contemporanei, hai a disposizione migliaia di libri da leggere in quarantena.

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Cecità, capolavoro distopico tra i libri da leggere

Romanzo scritto dal premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, Cecità esplora il concetto dell’indifferenza umana. Per la giornata del libro ti consiglio di leggere la storia di questa città dove iniziano a verificarsi strani avvenimenti che stravolgeranno la vita così come la conosciamo. Alcuni abitanti vengono colpiti da una strana forma di cecità e, di conseguenza, rinchiusi dalle autorità che temono un’epidemia… Senza troppi giri di parole, non vi sembra perfetto come titolo tra i libri da leggere in quarantena?

Saramago ha scritto anche il seguito di quest’opera per continuare il suo viaggio nella mente umana attraverso personalismi e paure. Saggio sulla lucidità approfondisce il rapporto del popolo con le figure appartenenti al governo così come Cecità sviscerava i rapporti tra piccoli gruppi sociali. Nella Giornata mondiale del libro non dovrebbe mai mancare un capolavoro da Premio Nobel. Saramago è stato premiato per la sua capacità di “afferrare una realtà elusiva […] con parabole sostenute da immaginazione, compassione e ironia”.

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Libri da leggere per “Buonisti”

La piccola casa editrice italiana People si dà l’obiettivo di raccontare persone, battaglie e trasformazioni. Tra queste il libro Buonisti di Jacopo Melio, attivista conosciuto per aver fondato #VorreiPrendereilTreno.  Questa onlus sensibilizza su temi quali la disabilità, l’inclusione e l’abbattimento delle barriere architettoniche (e culturali!) Un’altra voce della casa editrice è quella di Espérance Hakuzwimana Ripanti, scrittrice italiana nata in Ruanda e cresciuta in provincia di Brescia. Ma non solo, con People ha pubblicato anche la senatrice Liliana Segre.

  • I Buonisti sono quelle persone che cercano di farsi spazio in una società affetta da razzismo, egoismo e fascismo. In questo libro Melio racconta gli attacchi da lui subiti (come spesso capita ai “buonisti”) e li raccoglie in una lista surreale che ci ricorda di rimanere umani, ogni giorno. Assolutamente tra i libri da leggere in quarantena, Buonisti aiuta a pensare, aiuta ad uscire di nuovo di casa ma come persone migliori.
  • E poi basta. Manifesto di una donna nera italiana è il racconto personale di Espérance Hakuzwimana Ripanti, della sua vita cominciata in Ruanda e continuata in Italia. È la storia degli ostacoli incontrati, dei compagni di viaggio e della lotta per trovare la propria voce di una donna nera italiana.
  • Liliana Segre. Il mare nero dell’indifferenza è una testimonianza della Senatrice Segre, espulsa dalla scuola, clandestina e deportata ad Auschwitz. Negli ultimi trent’anni, diventata nonna, la Segre ha promosso una straordinaria campagna contro l’indifferenza e contro il razzismo. Un messaggio di speranza rivolto ai giovani, suoi “nipoti ideali”, perché non si perdano mai i diritti e il rispetto per le persone.

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Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Luis Sepúlveda, amato scrittore e attivista cileno recentemente scomparso, ci ha lasciato molti romanzi, racconti e poesie. Tra i più celebri vi è Storia di una gabbianella e del gatto che le insegno a volare. Da questo romanzo, tra i libri da leggere almeno una volta nella vita, è stato tratto il film d’animazione “La gabbianella e il gatto”. La storia dell’orfana gabbianella Fortunata, cresciuta dal gatto Zorba tra mille difficoltà è commovente, semplice, diretta. «Sepúlveda costruisce con la consueta maestria letteraria un mondo dove aiutare chi è in difficoltà è il valore supremo.» dalla critica di Bruno Arpaia.

«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.

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Harry Potter, tutti i libri da leggere in quarantena

La saga creata da J.K. Rowling si trova, ormai da decenni, in vetta a tutte le classifiche di vendita. Tra i libri da leggere assolutamente nella vita, quelli che raccontano le avventure di Harry, Ermione e Ron non possono mancare! Si tratta di una saga di sette libri, perfetta per chi vuole scoprire un nuovo mondo fantasioso e straordinariamente coinvolgente. Il maghetto Harry Potter, amato da grandi e bambini, combatterà contro il crudele mago oscuro Voldemort per salvare tutto il mondo dei maghi. Adatta anche a chi non ha l’abitudine di leggere, la saga di Harry Potter è super consigliata per chiunque voglia aderire alla Giornata del libro!

Una saga letteraria capace di conquistare qualsiasi lettore, Harry Potter crea una commistione perfetta tra realtà e fantasia. “Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?” (citazione: Silente in Harry Potter e i Doni della Morte).

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L’amica geniale, il fenomeno da ri-leggere per la Giornata del libro

Tra i libri da leggere in quarantena per la giornata mondiale del libro non poteva mancare L’amica geniale, fenomeno tutto italiano. La serie di 4 romanzi è stata scritta da Elena Ferrante (pseudonimo) e letta da 12 milioni di persone nel mondo. La serie è composta da L’amica geniale, Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta e da Storia della bambina perduta. La storia, ambientata a Napoli negli anni ’50, è quella di Lenù e Lila, due ragazze molto diverse unite da una grande amicizia.

La Ferrante pone l’accento sui sentimenti e sui cambiamenti delle sue protagoniste tessendo una trama incentrata sulla vita delle donne. Dai libri è tratta una serie realizzata in Italia e trasmessa in molti paesi del mondo. Tra le nuove letture più interessanti del decennio, L’amica geniale non poteva mancare nelle proposte dedicate alla Giornata del libro.

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Come essere felici: 3 fattori chiave

Negli ultimi anni molti ricercatori si sono dati da fare per trovare la chiave della felicità, il Santo Graal della nostra epoca. Pare però che questa magica soluzione ad ogni problema non sia univoca ma composta da più fattori. Emerge quindi la necessità, per gli individui che desiderano essere felici, di creare un equilibrio tra relazioni, emozioni, tempo e attività.

Nel World Happiness Report 2019 – che considera fattori chiave per la felicità di un popolo il pil pro capite, la speranza di vita e di salute, il supporto sociale e della famiglia, la generosità, la libertà di scelta e la fiducia nell’economia e nel governo – si è registrato un ulteriore calo della felicità mondiale, tendenza negativa costante iniziata con la crisi economica. In questo report, che vede l’Italia scalare una decina di posizioni rispetto ai due anni precedenti (ne ho parlato qui), a farla da padroni sono i paesi del Nord Europa: Finlandia, Danimarca e Norvegia conquistano il podio della felicità. L’Italia conquista il 36esimo posto della classifica grazie alla speranza di vita e salute, che ci vede settimi al mondo, e al supporto sociale e familiare (23esima posizione) ma arranca in quanto a positività. Sono infatti molto diffusi sentimenti di rabbia e preoccupazione, calo della fiducia nelle istituzioni e percezioni di mancanza di libertà decisionale e di prospettive per i giovani.

Altre ricerche però indicano come fattori chiave per una vita felice indicatori che il World Happiness Report non tiene in considerazione, scopriamo quali:

Il tempo per essere felici

Il Museo Novecento di Firenze, in occasione del Capodanno 2020, ha chiesto a 1000 persone di scegliere come essere felici votando una coppia di desideri e “più tempo, più passioni” ha vinto con il 14% dei voti. Tenendo conto della rilevanza intrinseca di tutte le coppie di desideri (solo per citarne alcune: più cura, più rispetto; meno violenza, più fiducia; più lavoro, più serenità) si tratta di un risultato che fa riflettere. Secondo uno studio recente (pubblicato nel febbraio 2019 dalla rivista Harvard Business Review), condotto dalla ricercatrice Ashley Whillans, su 100.000 lavoratori di tutto il mondo, coloro che sono disposti a rinunciare ad un guadagno maggiore per ottenere più tempo libero hanno “relazioni sociali più soddisfacenti, carriere più soddisfacenti e più gioia e, complessivamente, vite più felici” (Fonte: Forbes.it)

Consigli per guadagnare tempo:

  • Munitevi di un’agenda: programmare i vostri impegni è il modo migliore per guadagnare tempo!
  • Fatevi aiutare nelle faccende di casa: dal vostro compagno/a, dalla vicina alla quale ricambierete il favore, da un professionista del pulito o da un’agenzia specializzata.
  • Liberatevi del Complesso di Atlante: se avete un lavoro a tempo pieno, non pretendete di partecipare a tutte le attività scolastiche e sportive dei vostri figli; se avete bisogno di fare un bagno rilassante, la vostra amica in crisi può aspettare un paio d’ore prima di essere chiamata; se non avete tutta questa voglia di andare ad un aperitivo di team building con i colleghi declinate, sarà per la prossima volta.

Come essere felici grazie alla Natura

Un altro fattore chiave per essere felici, probabilmente meno ovvio del primo, è quello protagonista del libro “The nature fix: why nature make us happier, healtier and more creative” (prima edizione 2017) della giornalista Florence Williams. L’autrice, in un’intervista al National Geographic, ha spiegato come un gruppo di neuroscienziati abbia monitorato l’attività celebrale di alcuni individui e registrato i cambiamenti che avvenivano in base ai diversi luoghi in cui il soggetto si trovava. Ne è emerso che “Le onde alfa, tipiche di un individuo sveglio ma del tutto rilassato, si registrano più forti quando questi si trova nella natura”. A supportare questa tesi la nuova ricerca dell’European Centre for Environment and Human Health dell’Università di Exeter che, sulle pagine della rivista Scientific Reports, sostiene che bastino 2 ore a settimana immersi nella natura a migliorare il nostro umore ed il benessere psico-fisico. Sempre secondo questa ricerca, non è necessario passare questo tempo facendo sport o camminate (che comunque sono auspicabili, essendo anche l’attività fisica un fattore importante per la nostra felicità) ma basterebbe sedersi su una panchina immersa nel verde o rilassarsi appoggiati ad un albero contemplando i paesaggi naturali circostanti.

Cascate del Serio

Consigli per dedicare due ore alla natura:

  • Andate al mare! È inverno? Abitate in una delle cinque regioni in Italia senza sbocco sul mare? Ci sono i laghi: Lago di Garda, Lago d’Iseo, Lago di Como, Lago Maggiore, Lago d’Orta, Lago Trasimeno e così via…
  • Partecipate ad una gita in montagna: l’Italia vanta migliaia di chilometri di sentieri, non sempre è necessario essere grandi alpinisti, per molti di questi bastano delle scarpe adatte e i compagni di camminata adatti. Personalmente consiglio la mulattiera che da Valbondione (BG) porta all’Osservatorio dove ammirare una delle speciali aperture delle cascate del Serio (trovate il calendario qui).
  • Scegliete un parco nella vostra città (ogni città ne ha almeno uno!) e rilassatevi…

L’arte di essere felici

Ma la vera novità è lo studio inglese che sostiene che dedicarsi all’arte non solo ci rende felici ma anche più longevi. Pubblicato sul British Medical Journal nel dicembre 2019, lo studio dell’Universal College London indica non solo che visitare musei e mostre ed andare a teatro renda più felici ma addirittura che allunghi la vita. Emerge così che il rischio di morte precoce si riduce del 31% per chi partecipa ad attività culturali almeno una volta al mese. Le attività culturali sono da anni associate ad un miglioramento dell’umore, come ad esempio ha dimostrato un’indagine del Prof. Enzo Grossi dell’Università di Bologna. Monitorando i cambiamenti del livello di cortisolo (l’ormone dello stress) di 99 persone durante una visita alla cupola ellittica settecentesca del Santuario di Vicoforte è emerso che questo è sceso del 60% durante l’attività culturale ed, inoltre, il 90% dei partecipanti ha dimostrato di essere più felice.

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  • Visitate un museo, ce ne sono di tutti i tipi, ci sarà pure qualcosa di vostro gusto! Tra l’altro i musei civici sono gratis la prima domenica del mese ed in alcuni giorni particolari (calendario qui). Tra i miei musei preferiti: Pinacoteca di Brera (Milano), Galleria degli Uffizi (Firenze), Collezione Peggy Guggenheim (Venezia) e i celebri Musei Vaticani.
  • Visitate una chiesa, un’abbazia, una certosa, un palazzo storico, un monumento, un teatro, un castello, una piazza, un sito archeologico; l’arte è ovunque…
  • Ammirate una mostra (solitamente richiede meno tempo della visita ad un museo ed è più coinvolgente perché organizzata intorno ad un artista o ad una corrente specifica); il 2020 sarà l’anno di Raffaello quindi preparatevi a riscoprire questo grande genio del Rinascimento. Per chi invece, come me, ama l’arte moderna e contemporanea consiglio di visitare “Van Gogh, Monet e Degas” a Padova, “Joan Mirò. Il linguaggio dei segni” a Napoli, “Il tempo di Giacometti. Da Chagall a Kandinsky” a Verona.

E dunque, come essere felici? Fate in modo di avere più tempo per voi stessi, per coltivare relazioni sociali più soddisfacenti, per fare qualche passeggiata nella natura o contemplare un paesaggio, per andare a teatro o visitare una mostra.

Milano: arte, storia, cultura e curiosità

Milano, conosciuta come capitale della moda e città d’affari per eccellenza, popolata di manager e trendsetter, fredda e nebbiosa, è in realtà uno scrigno di tesori d’arte, storia e cultura. Dal Duomo, la chiesa gotica più grande del mondo, a San Maurizio al Monastero Maggiore, decorata da cinquemila metri quadri di affreschi, dal Cenacolo, capolavoro di Leonardo da Vinci, alla Pietà Rondanini, ultima opera di Michelangelo, passando per i celebri Navigli, le leggiadre ville Liberty e le straordinarie collezioni dei musei fino ad arrivare al Castello Sforzesco, Milano offre infinite possibilità agli amanti del turismo culturale.

Duomo di Milano
Duomo di Milano

Milano è conosciuta in tutto il mondo per il suo straordinario Duomo, una selva di pinnacoli, statue ed archi rampanti, un racconto monumentale di oltre sei secoli di storia dell’arte. Architetti, artisti e grandi maestri artigiani hanno contribuito alla creazione di questa cattedrale unica, assolutamente da visitare! Tra le statue più curiose del Duomo ci sono certamente quella cinquecentesca di San Bartolomeo scorticato (che ha terrorizzato intere generazioni di ragazzini in gita scolastica) realizzata da Marco d’Agrate, quella di Primo Carnera realizzata negli anni 30 del Novecento per omaggiare il primo pugile italiano a fregiarsi del titolo mondiale e la Legge Nuova (1810) di Camillo Pacetti che pare abbia ispirato la realizzazione della, ben più famosa, Statua della Libertà di New York.

Tra le meraviglie meneghine è certamente da annoverare anche la Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, detta anche la “Cappella Sistina di Milano” grazie al maestoso ciclo di affreschi di scuola leonardesca che ne decora le pareti. Tra le grandi opere, recentemente restaurate e che quindi regalano nuovamente tutto il loro splendore, a colpire l’occhio del visitatore più curioso è l’affresco di Aurelio Luini (figlio del più celebre Bernardino) “Storie dell’Arca di Noè” che, incredibilmente, vede salire sull’arca più famosa di sempre gli altrettanto celebri “due leocorni”.

Cenacolo di Leonardo
Cenacolo di Leonardo

Milano vanta anche uno dei più grandi capolavori d’arte al mondo: il Cenacolo di Leonardo da Vinci (1494-1498). Contrariamente a quanto molti credono, l’Ultima Cena del maestro fiorentino non è un affresco ma un dipinto realizzato con tempera grassa e una tecnica molto simile a quella usata per la pittura su tavola che consentì una maggiore definizione dei dettagli e una brillantezza straordinaria dei colori. Nonostante i vantaggi, la scelta di questa originale tecnica causò anche grossi problemi di conservazione dell’opera, più esposta agli agenti atmosferici (ed ai vapori provenienti dalla cucina, essendo il Cenacolo dipinto sul muro del refettorio dell’ormai ex convento di Santa Maria delle Grazie) e al deterioramento causato dal passare del tempo. Ammirare l’Ultima Cena di Leonardo è un’esperienza emozionante che chiunque visiti Milano non deve lasciarsi sfuggire.

Un altro capolavoro degno di nota tra i tanti che si trovano a Milano, benché sia probabilmente meno conosciuto e certamente meno apprezzato del Cenacolo, è la Pietà Rondanini di Michelangelo (1552-1564) regina indiscussa dei Musei del Castello Sforzesco. Opera ritenuta tra le più personali del maestro (forse addirittura ideata per la di lui sepoltura secondo quanto indicato dal Vasari), la Pietà Rondanini rappresenta la scena biblica, raffigura l’abbraccio tra la madre e il figlio, sottintende la prossimità della resurrezione. Curioso il fatto che la monumentale opera sia stata acquistata dal Comune di Milano nel 1952 grazie ad una sottoscrizione pubblica tra tutti i cittadini (fortemente voluta dall’allora direttrice della Pinacoteca di Brera Fernanda Wittgens) che raccolse i 135 milioni necessari all’acquisto.

Se avrete l’occasione di visitare Milano in più giorni non lasciatevi sfuggire le collezioni d’arte della Pinacoteca di Brera – dal Cristo morto di Mantegna al Bacio di Hayez – della Pinacoteca Ambrosiana – dal Musico di Leonardo alla Canestra di Caravaggio – e del Museo del Novecento che espone il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, Forme uniche della continuità dello spazio di Boccioni (sì, la scultura riprodotta sui 20 centesimi di euro italiani) e opere di de Chirico, Fontana, Modigliani e Kandinskij.

Ma a Milano l’arte non è solo quella dei grandi capolavori, a Milano si passeggia con il naso all’insù per ammirare le ville decorate da maioliche colorate in stile Liberty – una su tutte Casa Galimberti in Porta Venezia – si respira la romantica atmosfera dei Navigli tra botteghe d’arte e bistrot, si rimane incantati dalle storie e dalle leggende raccontate dal Castello Sforzesco e dal Parco Sempione, ci si stupisce di fronte ai coloratissimi murales dei quartieri più popolari come NoLo o l’Ortica.

L’ultimo in fondo a destra

L’Ultimo in fondo a destra. É un modo di dire comune in alcuni mondi.

Quell’estate faceva un caldo appiccicaticcio, non avevo voglia di svegliarmi. Perchè mai avevo fatto quel corso per distinguermi dal resto del mio gruppo? Perchè mai cercarmi una sorte così meschina? Eppure mi ero distinta e questo aveva portato al peggio. L’ultima in fondo a destra di questo nuovo gruppo. Avevo servito l’azienda per mesi dopo essere stata scelta battendo in furbizia gli uomini (che non è poi una gran prova) e in sagacia le donne [questo decisamente più difficile] e poi avevo scelto di contare qualcosa di più. Era tanto più bello starsene a quella scrivania a elaborare dati sulle mie pivot, poi ho voluto di più. E son finita qui.

Questo Paese mi sfianca. Solo zanzare e corvi. Zanzariere e presagi. Guardo fuori dalla finestra: un deserto infinito popolato di esseri brulicanti, nervosi di fare, di ottenere, di concludere un seppur minimo affare per sentirsi soddisfatti e tornare alle loro baracche fieri di aver trionfato. Non è il caldo che mi smembra ma è il perenne appiccicaticcio mondo insulso intorno, come se io dovessi contare più di quel che conto in questo continuo rincorrersi di salite verso un gradino più alto senza mai vederne la fine, come alla ricerca di una costante impellente necessità di essere l’ultima di qualcosa. Ho chiuso la finestra, acceso il condizionatore e fatto la doccia. Non ero certa se fosse il caldo appiccicaticcio o l’aria dell’apparecchio ma avevo la sensazione di non essere bagnata pur non trovandomi mai asciutta. Quest’agglomerato di casette prestampate è costruito per non farti mai uscire nel mondo reale, collegato direttamente con l’azienda, solo quella finestra del mio bungalow di legno confina con la periferia est del villaggio industriale e mi da modo di guardare fuori. Ho richiuso la finestra e sono uscita verso il corridoio dell’azienda.

Dalla scrivania al girotondo, qui si inizia la giornata uno accanto all’altra, solitamente bevendo un caffè brodoso che ti fa rimpiangere quello che bevevi da sola al bar prima di scappare verso la metro, inesorabilmente in ritardo. Ma qui essere in ritardo è difficile, hai scelto un lavoro e quello sei destinato a fare, perso nello spazio vuoto di ciò che ti circonda e che non conosci, che non potrai mai conoscere. Poi, quel giorno, la parte peggiore d ciò che non potevo conoscere ha fatto irruzione nel mio mondo di acciaio e legno prestampato. A quanto pare, sul finire dello scorso anno, l’azienda aveva violato la prima regola di un mondo, ovvero rispettarne le regole, smettendo di consegnare le mazzette che per una decade, a mezzo di uno sgangherato furgoncino guidato da un ancor più sgangherato soggetto sulla cinquantina, erano giunte ai signori locali, forte del contratto firmato con grandi sorrisi con il nuovo governo. Ma di governi qui ce ne sono di nuovi ogni giorno, di signori solo certi, e pare non muoiano mai.

Erano otto e noi non eravamo neanche uno. Osservavo i miei colleghi: quello Grasso, che poverino anche in condizioni normali era sempre grondante di sudore per questo caldo appiccicaticcio, piangeva in silenzio e si copriva le parti basse non potendo però così distogliere l’attenzione dalla chiazza gialla che si allargava ai suoi piedi; quello Buffone, che aveva sempre una parola di scherno per tutti mascherata da battuta, che era impietrito e, stranamente, ammutolito di fronte a questa situazione, quella Bella che, presagendo per lei il peggior trattamento immaginabile, tentava di nascondersi standosene a filo della macchina del caffè, quello Promosso ieri, che oggi doveva andarsene e che stava valutando, sbigottito, se mai avrebbe avuto un domani. Non ebbi comunque modo di osservarli tutti prima che ci facessero allineare, uno di fianco all’altro, uno uguale all’altro. Quello che con quest’azione si qualificò come il capo del nerboruto gruppo, ordinò al più giovane [questo era palese, il mercenario che ci puntava contro un mitra nero non avrà avuto più di 13 anni] di uccidere tutti.

Eravamo una linea di cadaveri e io, guarda caso, ero l’ultimo cadavere in fondo a destra. La cosa mi fece sorridere, ricordai di mio padre che, quando seppe di dover morire seppure nessuno avesse il cuore di dirglielo, mi disse calmo di non metterlo nell’ultima tomba a destra (che si era liberata la settimana prima dopo che il figlio del tale che vi era sepolto, che aveva perso il lavoro mesi prima, non ci aveva pensato due volte a fare economia e far spostare il genitore nell’ossario liberando così la postazione che si trovava, per l’appunto, sul confine del cimitero, entrando in fondo a destra) perchè diceva, si sta male li, si guarda sempre il mondo fuori. Ma qui eravamo tutti uguali, tutti una linea, ed essere l’ultima in fondo a destra non avrebbe potuto penalizzarmi in alcun modo.

Il ragazzino iniziò serafico il suo lavoro, quasi stesse lanciando dei sassi nello stagno per vedere gli strani giochi d’acqua che questi creano quando rimbalzano sulla superficie facendo diversi saltelli, osservava distaccato, incuriosito, ciò che esprimeva ciascuna persona prima che lui la cancellasse dalla linea. Paura, disprezzo, disperazione, paura. Soprattutto paura. Il gioco non lo divertiva gran che, era monotono guardare sempre la stessa cosa. Cominciò ad agire più in fretta. Fu allora che, capendo di non avere molto tempo prima che il ragazzino finisse il lavoro, il capo disse “Lascia l’ultima in fondo a destra, che testimoni”, e io, pur avendo negli occhi il ghigno del Buffone che di fianco a me moriva, sorrisi. Poi la sentii singhiozzare, alla mia destra, standosene a filo della macchina del caffè.

Questi sono stati i miei ultimi pensieri. Il mio ultimo pensiero è stato di essere l’ultima in fondo a destra, fino a che non lo sono stata più.

Il pensiero laterale maestro di semplicità

In queste settimane sto seguendo un corso di degustazione di vini per principianti; durante la seconda lezione, con la quale si cercava di insegnarci qualche buon abbinamento cibo – vino, ho scoperto due cose fondamentali:

1 – Lo champagne sta bene con tutto tranne che con il dolce.

2 – Barolo e patatine in sacchetto sono il miglior abbinamento di tutti i tempi.

Pur ammettendo di non aver ancora testato il secondo punto (il Barolo non è proprio un vino alla portata di tutti), ammetto che mi ha incuriosita molto più del primo portandomi a riflettere sui casi infiniti di “strane coppie” e stranezze in genere.

Definiamo qualcosa “strano” quando ciò che vediamo non rientra nei parametri di normalità ai quali siamo abituati, “non è conforme alla norma, non rispetta una regola”.

Riusciamo a far rientrare nella “normalità” qualcosa di strano utilizzando il pensiero laterale per comprenderne funzionamento e ragioni. Il concetto di pensiero laterale è stato espresso da Edward De Bono, scrittore e psicologo maltese, nel 1967.

“Il pensiero laterale è la disponibilità a cambiare intenzionalmente modello all’interno di un sistema basato su modelli.”  – E. De Bono

Con pensiero laterale o lateral thinking si intende, quindi, una modalità di risoluzione di problemi logici con un approccio particolare, osservando  il problema da diverse angolazioni, evitando la logica sequenziale e le considerazioni più ovvie, considerando punti di vista alternativi per trovare la soluzione.

“Accontentarsi di un approccio o una soluzione “adeguata” diventa il maggiore ostacolo alla ricerca di un’alternativa migliore.”  – E. De Bono

Il metodo del lateral thinking elaborato da De Bono si propone di stimolare abilità molto preziose quali il problem solving e la creatività ed è seguito da molte delle più importanti aziende ed istituzioni del mondo.

Per ottenere dei risultati grazie all’ausilio del pensiero laterale, si può partire dal brainstorming (letteralmente: tempesta mentale) che consiste nell’esplorare tutte le possibilità e le connessioni che la nostra mente crea pensando a quel determinato problema; in questo modo abituiamo la nostra mente a vedere e considerare un numero molto più alto di risposte possibili.

Utilizzando il pensiero laterale si scoprirà quanto, di sovente, la risposta migliore è anche la più semplice:

“Stiamo annegando nella complessità. Un esempio: pochissimi utilizzano più di un decimo delle istruzioni per l’uso di un videoregistratore. Cioè il 95% della popolazione non usa il 90% delle funzioni di un normale elettrodomestico. Le pare tollerabile questo spreco? Quando dobbiamo comprare un computer ci troviamo nella stessa situazione. Convivere con la complessità è solo uno spreco di tempo.”

E. De Bono

A questo proposito un simpatico (quanto falso) aneddoto: quando gli scienziati della NASA investirono una fortuna per inventare una penna a sfera che scrivesse nello spazio in assenza di gravità, i loro colleghi russi, per mancanza di soldi, pensarono che si potessero usare più semplicemente le matite.

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Matt Damon in “The Martian”

[In realtà gli astronauti di entrambe le nazioni utilizzavano inizialmente le matite che però presentavano diverse problematiche, ad esempio la possibilità che le punte spezzate vagando in cabina finissero negli occhi degli astronauti. È stata l’azienda Fisher a produrre in autonomia e poi vendere – prima agli americani e poi ai russi – una penna utilizzabile a gravità zero.]

Quindi, se non vi è mai capitato prima di pensare che un Barolo possa dare il suo meglio se abbinato alle patatine, avete, come la sottoscritta, decisamente bisogno di allenarvi nell’utilizzo del pensiero laterale…

E, sempre come me, di provare Barolo e patatine!

Città italiane: Padova, la città dei tre senza

L’ispirazione la si può trovare ovunque, da chiunque e da qualsiasi cosa. Nuove riflessioni possono nascere dalla poetica di un autore, da un quadro, da uno strumento antico o da una città. Emblemi dei percorsi storici che le hanno attraversate, le città italiane nascondono sempre preziosi spunti per pensare, per conoscere, per imparare. Visitare una città è come ascoltare una storia fatta di persone, di regni, di religioni, di consuetudini, di movimenti, di arte e tanto ancora.

Padova è detta la città dei tre senza: un Santo senza nome, un prato senza erba, un caffè senza porte.

Il Santo senza nome in realtà un nome l’aveva, Sant’Antonio da Padova, ma è chiamato da tutti solamente “il Santo” tanto è che la Basilica a lui dedicata è detta “Basilica del Santo” e la piazza antistante è Piazza del Santo.

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Basilica del Santo

Il prato senza erba, che oggi l’erba ce l’ha, è Prato della Valle: la maestosa piazza (una delle più grandi d’Europa) è stata per anni un terreno paludoso, continuamente funestato da alluvioni fino al compimento dell’opera di bonifica e riqualificazione operata da Andrea Memmo nel ‘700. La piazza era, già nell’antichità, chiamata “pratum” (ovvero ampio mercato), nonostante l’erba – insieme agli alberi, i ponti, gli obelischi, le statue, l’isola memmia, la fontana e tanto altro – non ci fosse.

Prato della Valle

Quando mi sono trovata davanti al celeberrimo Caffè Pedrocchi di Padova sono rimasta delusa, le porte c’erano (due!!!) ed erano anche parecchio pesanti. Il locale infatti era detto “senza porte” per il semplice fatto che non chiudeva mai. Da quando nell’800 è stato costruito, il Caffè Pedrocchi è stato luogo di ritrovo per intellettuali ventiquattrore su ventiquattro, almeno fino al 1916 quando, a causa del pericolo austriaco, cominciò ad abbassare le serrande durante la notte.

Il caffè Pedrocchi alla menta
Il caffè Pedrocchi alla menta

Nelson Mandela: il percorso verso l’uguaglianza

Ricorre oggi, 5 dicembre 2016, il terzo anniversario di morte di Nelson Mandela, uno dei più grandi leader del XX secolo. Simbolo di uguaglianza, unione e lotta contro il razzismo, Mandela fu il primo Presidente di colore della nazione del Sudafrica per la quale pose le basi di una società fondata sulla libertà e sulla democrazia per tutti.

Quello di Mandela fu un lungo percorso iniziato con gli anni di lotta nell’ANC – Il Congresso Nazionale Africano (African National Congress) – che è oggi il più importante partito politico sudafricano, ininterrottamente al governo del Paese dal 1994 ad oggi.

Fondato nel 1912 con lo scopo di difendere i diritti della popolazione nera sudafricana,  il partito era inizialmente caratterizzato da un marcato impegno per la non violenza; il giovane Mandela vi aderì nel 1942. Dopo la vittoria nel 1948 del Partito Nazionale, autore di una politica pro-apartheid di segregazione razziale, Mandela si distinse nella campagna di resistenza del 1952 organizzata dall’ANC basata su boicottaggi e scioperi. Nel 1960, dopo l’uccisione di manifestanti disarmati a Sharpeville e la successiva interdizione dell’ANC e di altri gruppi anti-apartheid, Mandela appoggiò la scelta della lotta armata.

Diventato comandante dell’ala armata Umkhonto we Sizwe dell’ANC (“Lancia della nazione”, o MK) nel 1961, Mandela coordinò la campagna di sabotaggio contro l’esercito governativo ed elaborò piani per una possibile guerriglia con l’obiettivo di porre fine all’apartheid. Nell’agosto del 1962 fu arrestato dalla polizia sudafricana e incarcerato per 27 anni. Tra gli anni 70 e 80 l’ANC continuò la sua lotta armata causando anche vittime. In quegli anni di prigionia Mandela divenne il simbolo della lotta contro il razzismo e l’apartheid nel mondo. Nel 1980 riuscì a spedire un manifesto all’ANC che recitava “Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa e il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!”

Mandela, liberato l’11 febbraio del 1990 grazie alle crescenti proteste dell’ANC e alle pressioni della comunità internazionale, decise di abbandonare la strategia violenta e vendicativa in favore di un processo di riconciliazione e pacificazione. Divenuto libero cittadino e Presidente dell’ANC concorse nel 1994 contro De Klerk per la carica di Presidente del Sudafrica e vinse, diventando il primo capo di stato di colore. De Klerk fu nominato vice presidente.

“Dall’esperienza di una terribile catastrofe umana [l’apartheid], che troppo a lungo si è protratta, deve nascere una società di cui l’umanità intera sarà fiera.. è giunta l’ora di guarire le ferite. È arrivato il momento di colmare l’abisso che ci divide. È tempo di costruire”

Nelson Mandela – Discorso di insediamento alla presidenza del Sudafrica – 1994

Mandela guidò la transizione dal vecchio regime basato sull’apartheid alla democrazia, guadagnandosi il rispetto mondiale per il suo sostegno alla riconciliazione nazionale e internazionale. Pochi anni dopo il suo insediamento alla presidenza (che si protrarrà fino al 1999) Mandela disse: “Il Sudafrica è un’icona mondiale dell’universalità dei diritti umani, della speranza, della pace e della riconciliazione”.

Resilienza: la più grande capacità dei guerrieri odierni

La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In psicologia si traduce nella capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Le persone resilienti vengono colpite e si rialzano, gli eventi provano a spezzarle ma loro si deformano solo momentaneamente e sono poi capaci di tornare alla condizione iniziale se non addirittura di migliorarsi.

In psicologia la resilienza viene considerata di tre tipi: istintiva, tipica dei primi anni di vita; affettiva, sottintende una maturità valoriale e sociale oltre che del senso di sé; cognitiva, ovvero quelle occasioni in cui il soggetto reagisce con l’ausilio di capacità intellettive razionali. La resilienza indica la capacità di rapportarsi correttamente all’ambiente che ci circonda ed ai problemi che può creare.

Le persone dotate di questa capacità, o che l’hanno appresa, sono quegli individui che hanno trovato se stessi e sono spesso ottimisti, dotati di una forte autostima ed equilibrio psicologico.

“Un anno di vita è sempre qualcosa di compiuto. Accadono spesso fatti negativi che mai si ripeteranno uguali. Ma, nel corso della nostra esistenza, quegli stessi fatti che ci hanno ferito, o solo fatto un po’ soffrire, potranno tornare a ripetersi sotto altre forme, in altre situazioni, e se la prima volta abbiamo saputo affrontarli ci faranno soffrire di meno.”

Louise May Alcott, Piccole Donne

L’amore per la vita e la positività sono le caratteristiche che accomunano tutti i guerrieri della resilienza. Sostanzialmente, si tratta di fare un percorso individuale che, in caso ci si trovi in un momento difficile della propria vita o si subisca un trauma, sia di supporto al processo di integrazione di questo dolore nella propria storia personale. La resilienza è quindi la capacità di rendere positivo qualcosa che nasce con un accezione negativa, la resilienza è crescere e migliorarsi in ogni condizione.

“In psicologia il concetto di resilienza si applica alle persone capaci di condurre una vita serena, nonostante i colpi del destino o un’infanzia difficile. Gli individui dotati di resilienza non crollano dinanzi a una crisi, ma ne escono arricchiti interiormente. Sono ottimisti e realistici assumono le proprie responsabilità, confidano nelle loro capacità e sanno cercare appoggio quando serve.”

Moritz Huber, La Strategia dell’Orso Bianco

Coaching motivazionale: azione, azione, azione!

La psicologia della motivazione, diventata di particolare interesse negli ultimi venti o trent’anni, è una disciplina affascinante e complessa che vediamo applicata nella vita di ogni giorno più volte di quante potremmo immaginare. Mi spiego: avete mai assistito ad un corso di team building aziendale? O seguito la pagina facebook di un fitness coach? O sentito parlare della nuova frontiera della consulenza, i mental coach? Se la risposta è si, avete assistito all’applicazione di una o più teorie e tecniche di psicologia della motivazione.

Negli ultimi mesi sto seguendo con interesse il blog e la pagina FB di un fitness coach, “Fitness al Femminile – il sistema di allenamento scientifico”, che svolge magistralmente l’attività di motivare i suoi follower grazie a diversi fattori: la condivisione di contenuti utili al miglioramento personale, l’approccio pratico e la percezione di “consulenza ad hoc” che regala. Di particolare interesse è l’indicazione costante di attività pratiche da svolgere e la spiegazione dettagliata che ne viene data: se il tuo personal trainer ti chiedesse di compiere uno squat senza mostrarti come si fa, quale sarebbe la tua reazione? Se il dietologo ti imponesse di dimagrire senza indicarti una dieta, pagheresti la parcella?

motivazione

Per anni i motivatori hanno raccontato storie, belle, sicuramente incentivanti a cominciare un percorso di cambiamento con un  approccio positivo, ma troppo spesso a queste non seguivano indicazioni pratiche. In particolare le attività di team building sul luogo di lavoro sono spesso vissute come impositive, giornate durante le quali non si lavora e magari ci si diverte anche ma, totalmente inutili rispetto allo scopo che si prefiggevano di raggiungere gli organizzatori. Ciò che voglio sottolineare è l’importanza del How to, del Come si fa.

Se è pur vero che “la mente può conseguire qualunque cosa sia in grado di concepire” – M. Clement Stone- è anche certo che la persona deve essere aiutata nell’ideazione di un piano pratico vincente.

Molto interessante da questo punto di vista l’approccio del mental coach americano Anthony Robbins che incoraggia ad agire e prendere decisioni perché questi sono i primi passi verso un cambiamento di qualsiasi natura. Agendo si modifica la realtà che ci circonda, pensando di agire tutto rimane uguale. Robbins spiega, nel suo libro “Come migliorare il proprio stato mentale, fisico, finanziario” le tecniche che porteranno il nuovo comportamento ad essere costante: fisiologia, focus, atteggiamento positivo e azione, azione, azione.

Olympe de Gouges: “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”

In seguito alla pubblicazione della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” nel 1789, l’autrice francese Marie Gouze, che poi decise di cambiare il suo nome in Olympe de Gouges, scrisse nel 1791 la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” con l’intenzione di ottenerne l’approvazione dall’assemblea costituente.

Olympe de Gouges
Olympe de Gouges

L’attivista francese impegnò la sua vita a favore del riconoscimento dei diritti individuali, soprattutto nei confronti delle minoranze: donne, ma anche neri, orfani e bambini non riconosciuti. Olympe rimprovera agli uomini di essere oppressori senza averne diritto, senza una legge divina o di natura che conceda loro di comportarsi in questo modo e chiede che le donne abbiano stessi diritti ma anche stessi doveri, che siano cittadine a tutti gli effetti.

La sua “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” è il primo documento giuridico legale che chiede l’equiparazione della donna all’uomo. Dopo la rivoluzione, la Francia nega ufficialmente il diritto delle donne ad essere cittadine nell’aprile del 1793 e, il 3 novembre dello stesso anno, Olympe de Gouges viene ghigliottinata a causa delle sue convinzioni politiche.  Questo il commento apparso sul giornale Moniteur: “Olympe de Gouges volle essere un uomo di Stato, sembra che la legge abbia punito questa cospiratrice per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso”.

“Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”
“Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”

Riporto integralmente la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”:

“Uomo, sei capace d’essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi? Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l’esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e rendi a te l’evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, indaga e distingui, se puoi, i sessi nell’amministrazione della natura. Dappertutto tu li troverai confusi, dappertutto essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale. 

Solo l’uomo s’è affastellato un principio di questa eccezione. Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo illuminato e di sagacia, nell’ignoranza più stupida, vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione, e reclama i suoi diritti all’uguaglianza, per non dire niente di più.

Preambolo

Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale. Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati ad ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati, affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi, e alla felicità di tutti. In conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina.

Articolo I – La Donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell’uomo. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull’utilità comune.

Articolo II-  Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell’Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all’oppressione.

Articolo III – Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione, che è la riunione della donna e dell’uomo: nessun corpo, nessun individuo può esercitarne l’autorità che non ne sia espressamente derivata.

Articolo IV – La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l’esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l’uomo le oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.

Articolo V – Le leggi della natura e della ragione impediscono ogni azione nociva alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere obbligato a fare quello che esse non ordinano di fare.

Articolo VI – La legge deve essere l’espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; esse deve essere la stessa per tutti: Tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili ad ogni dignità, posto e impiego pubblici secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.

Articolo VII – Nessuna donna è esclusa; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa legge rigorosa.

Articolo VIII – La Legge non deve stabilire che pene restrittive ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non grazie a una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.

Articolo IX – Tutto il rigore è esercitato dalla legge per ogni donna dichiarata colpevole.

Articolo X – Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico stabilito dalla legge.

Articolo XI – La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.

Articolo XII – La garanzia dei diritti della donna e della cittadina ha bisogno di un particolare sostegno; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di quelle alle quali è affidata.

Articolo XIII – Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, i contributi della donna e dell’uomo sono uguali; essa partecipa a tutte le incombenze, a tutti i lavori faticosi; deve dunque avere la sua parte nella distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche delle dignità e dell’industria.

Articolo XIV-  Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di costatare personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, la necessità dell’imposta pubblica. Le Cittadine non possono aderirvi che a condizione di essere ammesse ad un’uguale divisione, non solo dei beni di fortuna, ma anche nell’amministrazione pubblica, e di determinare la quota, la base imponibile, la riscossione e la durata dell’imposta.

Articolo XV – La massa delle donne, coalizzata nel pagamento delle imposte con quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto, ad ogni pubblico ufficiale, della sua amministrazione.

Articolo XVI – Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata, né la separazione dei poteri sia determinata, non ha alcuna costituzione; la costituzione è nulla, se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione, non ha cooperato alla sua redazione.

Articolo XVII – Le proprietà appartengono ai due sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno ne può essere privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, l’esiga in modo evidente, a condizione di una giusta e preliminare indennità”.

Scopri di più leggendo il libro (formato ebook e cartaceo) “LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE” di Maria Rosa Cutrufelli.

La donna che visse due volte